Il Blog di Gioia Locati

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Italia prima in Europa per booster (ma è fra i Paesi dove si muore di più di Covid)

Dopo due anni di pandemia sta emergendo che la mortalità da Covid è diversa, in Europa, da un Paese all’altro. Premessa: per ragionare sull’impatto della malattia non basta soffermarsi sulla letalità del virus, che abbiamo visto essersi attenuata con gli anni. La letalità è la percentuale dei morti rispetto al totale degli infettati (infection-fatality-ratio, IFR).

“C’è un altro indicatore che getta luce sulla virulenza di una malattia infettiva – ci spiega Stefano Petti, epidemiologo e docente de La Sapienza – ed è il numero degli infettati necessari per avere un decesso Covid. La formula per esprimerlo è l’inverso dell’IFR, quindi 1/IFR. Se questo numero è piccolo significa che il Covid è molto aggressivo. Esempio: un valore pari a 100 significa che muore 1 persona di Covid ogni 100 infettati. Se è grande, la malattia è meno aggressiva”.

Da dati del 2022 pubblicati da Our World in Data, che appaiono nella tabella sotto, riferiti ai Paesi dell’Europa occidentale che sono assimilabili tra loro per caratteristiche (livello socio-economico, livello culturale, efficienza della sanità pubblica) emerge che in Italia il Covid è molto aggressivo perché muore 1 persona ogni 387 infettati (seconda colonna). Un andamento simile a noi c’è solo in Svezia, Regno Unito e Spagna.

In Paesi come Austria, Svizzera, Israele e Olanda muore una persona su oltre 1000 infettati: “Significa che il Covid è ben tre volte più mite rispetto all’Italia” fa notare Petti. E in tutti gli altri Paesi dell’Europa occidentale muore soltanto una persona ogni 500-850 infettati”.

Come mai queste differenze?

Italia prima in Europa per booster (ma è fra i Paesi dove si muore di più di Covid)

Da quando la discriminazione non fa più notizia?

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Da quando la discriminazione non fa più notizia?

L’antefatto: abbiamo saputo della protesta del professore di Filosofia del liceo Einstein di Milano e ne abbiamo parlato qui: Saverio Mauro Tassi dorme in tenda da 21 notti e, da altrettanti giorni, ha ripreso lo sciopero della fame (si nutre solo di liquidi) per richiamare l’attenzione del ministero dell’Istruzione sulla discriminazione creata dal Green Pass.

Sì perché, anche se ciò che indigna il professore non fa notizia, ci sono comunque – e purtroppo – studenti di serie A e studenti di serie B. I primi, i privilegiati, possono salire sugli autobus, partecipare alle gite scolastiche e praticare tutti gli sport.  I secondi no. Proprio come 90 anni fa accadeva ai ragazzi ebrei.

Un paragone azzardato?

Il Consiglio di Giustizia per la Sicilia, “Vaccini troppo rischiosi, l’obbligo è incostituzionale”

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Il Consiglio di Giustizia per la Sicilia, “Vaccini troppo rischiosi, l’obbligo è incostituzionale”

È di ieri la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia (sorta di sede distaccata del Consiglio di Stato) che chiama in causa direttamente la Corte Costituzionale sulla legittimità dell’obbligo vaccinale.

Toccherà alla suprema Corte esprimersi sulla costituzionalità dell’imposizione dei prodotti anti Covid per gli operatori sanitari (ma, a cascata, le motivazioni varranno anche per gli altri lavoratori), visto l’alto numero degli eventi avversi post vaccinazione.

Andiamo con ordine.

Toh, l’immunità da malattia è più efficace del tris di vaccini

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Toh, l’immunità da malattia è più efficace del tris di vaccini

Pubblico uno dei commenti che lo scienziato Norman Noah, Emerito alla storica London School of Hygiene and Tropical Medicine, scrive periodicamente sulla pandemia da ormai più di 2 anni.

Noah, che dirige la rivista “Epidemiology and Infection”, ha 85 anni e si occupa di infezioni e malattie infettive da più di 50 anni.

Ogni settimana, a volte anche più spesso, il professore invia gli articoli ai suoi iscritti, creando una sorta di community di studiosi desiderosi di riflettere  su quanto accaduto. Il testo di oggi è stato divulgato la settimana scorsa ed è corredato da  studi. Ringrazio il professor Stefano Petti di avermelo inviato.

“Il Green Pass discrimina gli studenti”. E il prof protesta in tenda

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“Il Green Pass discrimina gli studenti”. E il prof protesta in tenda

Sembra una voce nel deserto quella del professore di Filosofia che ha fatto lo sciopero della fame per richiamare l’attenzione sugli studenti discriminati dal Green Pass. Sembra. Ma non lo è.

Perché, sotto traccia, gli arrivano migliaia di inviti a non demordere.

Il suo motto è Gutta cavat lapidem non vi sed saepe cadendo (“La goccia scava la roccia non con la forza ma non smettendo mai di sgocciolare”) e da martedì, ha avviato un’altra protesta, dorme in tenda sul marciapiede di fronte alla scuola.

L’Europa riapre, l’Italia no. E la Norvegia è la più libera

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L’Europa riapre, l’Italia no. E la Norvegia è la più libera

Senza pretesa di completezza ecco una panoramica su come i vari Paesi, in Europa e nel resto del mondo, hanno applicato green pass, obblighi vaccinali e restrizioni varie.

Austria

Come è noto, la patria di Mozart (e di Hitler) prevede, dal primo febbraio l’obbligo vaccinale per gli over 14 con sanzioni pecuniarie pesantissime per i trasgressori.  Tutto risolto? Non proprio.

“Perché è rischioso vaccinare i guariti”

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“Perché è rischioso vaccinare i guariti”

Oggi vi presento Barbara Balanzoni, anestetista-rianimatore di 47 anni che ha raggiunto numeri da personalità social pari a quelli di un’influencer e surclassato le virostar televisive. Da chi è seguita? Da chi contesta obbligo vaccinale e green pass. Un pubblico di 107mila persone ne apprezza i video su youtube mentre il canale Telegram conta più di 90mila iscritti. Balanzoni piace perché usa un linguaggio semplice, documenta le affermazioni mediche ed entra nel merito delle questioni giuridiche grazie alla sua seconda laurea in legge.

Il giorno della memoria (corta)

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Il giorno della memoria (corta)

Abbiamo saputo di un ragazzino aggredito da due coetanee, vicino a Livorno: “Taci ebreo, brucia nei forni”. Qui.

Abbiamo sentito e letto, negli ultimi mesi, un crescendo di insulti a mezzo televisione e stampa: “Devono vivere come sorci”; “Criminali no vax”; “Sputate nei loro piatti”;“I non vaccinati non fanno più parte della società”.

Abbiamo assistito alla barbarie di diversi ospedali che hanno negato gli interventi chirurgici a persone che non avevano fatto la prima o la terza dose di vaccino: la malpractice non riguarda solo il Galeazzi di Milano (Fuori dal coro e La Verità).

Perché i vaccini non hanno ancora un’approvazione definitiva? Cosa dice il Comitato per l’etica della Biomedicina

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Perché i vaccini non hanno ancora un’approvazione definitiva? Cosa dice il Comitato per l’etica della Biomedicina

Come mai i vaccini anti Covid sono ancora sotto “approvazione condizionata”?

Un anno fa le agenzie regolatorie avevano concesso un’autorizzazione provvisoria in vista dell’emergenza pandemica. I prodotti erano entrati in commercio “sotto osservazione” poiché, si diceva, non vi erano alternative. Su ognuna delle schede tecniche, infatti, era riportato il simbolo del triangolo rovesciato, con la scritta “farmaco sottoposto a monitoraggio addizionale”.

Dopo un anno la situazione non è cambiata. I vaccini non sono ancora approvati in maniera definitiva. Significa che i requisiti richiesti per ottenere un’autorizzazione piena – che sono efficacia e sicurezza – non sono ancora soddisfatti.

Italiani fra i più vaccinati al mondo (con mRNA) e più vessati

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Italiani fra i più vaccinati al mondo (con mRNA) e più vessati

Siamo i terzi in Europa per numero di vaccinati, ma siamo anche quelli trattati peggio. Per la precisione abbiamo inoculato 201,36 dosi ogni cento abitanti, più di due punture per ciascun italiano. In cima alla classifica europea e davanti all’Italia ci sono solo la Danimarca con 221,36 somministrazioni ogni cento abitanti e l’Islanda con 204,18 dosi ogni cento abitanti. Ma sia Danimarca che Islanda sono Paesi meno popolati del nostro: perciò in numeri assoluti abbiamo il record europeo di vaccini somministrati.

Così calcola il sito Ourworldindata al 18 gennaio.

Poi, se guardiamo al resto del mondo, siamo comunque in testa per le somministrazioni di vaccini a m-RNA. Nella top ten dei più vaccinati siamo superati da Cuba (291,07 ogni 100) leader mondiale, dal Cile (237,51 ogni 100), dagli Emirati Arabi Uniti (231,22) e dalla Cina (203,72) che stanno usando vaccini diversi.

Insomma, gli italiani sono stati i più diligenti e fra coloro che più hanno risposto all’appello di presentarsi all’hub vaccinale, una, due, tre volte. Ma nessuno li sta ringraziando.

Anzi siamo bastonati ogni quindici giorni (più o meno è questo il tempo necessario a elaborare decreti sempre più insensati e complicati).

E ora ci ritroviamo costretti ad accettare perfino il divieto di andare a comprare le calze al centro commerciale (se sprovvisti di dose booster o di qualsiasi vaccino).

Cliccate qui, sul primo grafico e con il mouse avvicinatevi ai Paesi in verde scuro, quelli con più vaccinati.

In Europa

In Israele si contano 189,72 vaccinazioni ogni 100 abitanti. Degli israeliani, che per primi hanno iniziato le somministrazioni, si sa che più del 50% ha fatto la terza dose, alcuni sono già alla quarta. Emerge dunque che più di una persona su tre non ne ha fatta nemmeno una. Questo per dire che siamo più bravi e disposti a vaccinarci anche del Paese modello. In Portogallo sono a quota 201,83, nel Regno Unito 200,37, in Francia 196,63, in Germania 189,55.

Perseguitati

Gli italiani, super diligenti dal punto di vista delle punture e delle tessere, stanno ricevendo solo schiaffi (e, a questo punto, chiediamoci perché) e continue limitazioni ai loro spostamenti. Ma non solo: è di oggi la notizia che l’ospedale Galeazzi di Milano ha arbitrariamente negato interventi chirurgici a chi aveva solo due dosi di vaccino o neppure una.

Non era mai successo prima nella storia della Repubblica e della Costituzione: l’Italia, infatti, si è sempre distinta per la sua disponibilità a curare clandestini, clochard e assassini senza pretendere il permesso di soggiorno o la fedina penale pulita.

In aggiunta, come emerge dalle complicate regole delle quarantene scolastiche, tutti i vaccinati con due dosi a 120 giorni dall’ultima, sono considerati e trattati come se non avessero fatto nessuna puntura: vanno in Dad se ci sono tre positivi in classe.

Ci chiediamo a questo punto quante siano le dosi da appuntarsi al petto, pardon al braccio, per essere considerati degni di vivere. 

Il mondo che verrà

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Il mondo che verrà

Me lo sono immaginato ieri, il mondo, che verrà.

Mentre respiravo la manifestazione di protesta contro Green Pass e obbligo vaccinale promossa da Italexit. Eh sì che ho respirato, facendomi largo tra migliaia di persone nella piazza che Milano ha intitolato alla libertà,  XXV Aprile. Non si vedevano raduni così da anni.

Evviva l’Italia
Dal sonno s’è desta…

Premessa. Non sappiamo cosa succederà domani: nessuno può saperlo. Non sappiamo come si orienterà il governo, o chi verrà eletto Presidente nè quando si andrà a votare. Però, talvolta, l’immaginazione funziona da sesto senso. E i segnali si colgono sentendo da dove arriva il vento favorevole.

Il buongiorno del mattino

Con sentenza resa pubblica ieri, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dal Comitato Cura Domiciliare Covid 19. Bocciato il protocollo anti Covid del Ministero della salute, no a paracetamolo e vigile attesa e sì a ciò che prescrive ogni medico in scienza e coscienza.

Diventano carta straccia le imbarazzanti linee guida di Aifa del 26 aprile 2021, queste. Ventisei pagine per vietare ai medici di prescrivere farmaci da sempre raccomandati contro le influenze o la Sars. 

Anche l’Africa s’è desta

Diversi Paesi africani hanno rifiutato le dosi dei vaccini in scadenza. Sono milioni le confezioni donate al Continente dalla Fondazione Gavi degli ex coniugi Gates finite sotto le ruspe o bruciate nei falò (come si può chiamare regalo un prodotto quasi di scarto?) Qui.

Vicinanza di intenti e fisica

Tornando alla folla di ieri. Esseri umani accanto ad altri esseri umani, fratelli d’ Italia, nessuna tessera da esibire, nessuno additato come “untore”. Non si respirava aria di discriminazione. “Fate un intervento dal palco?” chiedo ai tre poliziotti scesi da una camionetta. “Oggi sì”.

Prende la parola un agente sospeso del sindacato OSA, Luca Cellamare: “…quante rinunce abbiamo fatto, quanti giorni di festa dedicati al lavoro perchè abbiamo sempre creduto nel bene comune. Lo abbiamo fatto per dovere. Oggi alcuni di noi sono sospesi con l’accusa di essere contagiosi. L’accusa è per spingerci a fare una cosa che non vogliamo: non andremo a controllare il qr code di chi mangia un panino al bar mentre le città e i mezzi di trasporto sono invasi da criminali e stupratori. Ci sono assassini che hanno l’assegno alimentare e noi che abbiamo servito il Paese ci ritroviamo senza stipendio. Non siamo soli in Europa, molti colleghi hanno dovuto cedere al ricatto ma sono con noi: non sono robot”.

Segnali di insofferenza importanti arrivano anche dai ristoratori. Alessia Brescia presidente dell’Associazione ristoratori Veneto, ha auspicato la fine delle tessere, “non siamo controllori, questo sistema ci porta al fallimento e ci mette gli uni contro gli altri”.

Il Premio Nobel Luc Montagnier (“a cui i fact-checker vorrebbero togliere il Nobel” cit. Gianluigi Paragone).

Applaudito a gran voce, il professore che isolò il virus dell’HIV nel 1983 e che oggi continua a presiedere un laboratorio di ricerca, ha detto che per fermare la malattia non bastano i vaccini ma occorre “una combinazione di cure e di stili di vita”.

“Contrariamente a quanto era stato detto all’inizio si è visto che questi vaccini non proteggono dall’infezione. Tutti i medici lo sanno. Vi sono poi i rischi legati alla proteina Spike, molti sportivi hanno avuto malattie cardiache importanti come conseguenza delle vaccinazioni. Ed è un crimine pensare di vaccinare i bambini, è importante che i medici intervengano al più presto, ne va di mezzo il futuro dell’umanità”. Il premio Nobel ha poi aggiunto che “le persone non vaccinate aiuteranno in qualche forma i vaccinati che si ammaleranno”. E che saranno le leggi della natura a prevalere”.

Sull’immediato futuro non è pessimista, “ogni cittadino è libero, approfittate di prossime elezioni per dire il vostro parere”.

Un nuovo ministro della Salute

L’immaginazione ci fa intravedere la fine dell’era Speranza. Per voltare pagina, certamente. E poi perché tutto ha una fine.

La vox populi vorrebbe un medico (Speranza è laureato in Scienze Politiche e prima di diventare ministro della Salute era assessore all’Urbanistica).

Piace molto Alberto Donzelli che si è occupato per 40 anni di sanità pubblica. Da mesi Donzelli, assieme ad altri colleghi, chiede un confronto con il comitato tecnico scientifico CTS e non ha mai ricevuto risposta. “Occorre interrogarsi sull’eccesso di mortalità fra i giovani e gli adulti emerso nel 2021; non è necessario vaccinare i bambini con questi vaccini che, stiamo osservando dalle pubblicazioni, dopo tre mesi dall’ultima dose rendono il soggetto vaccinato più esposto alle infezioni”.

Qui potete ascoltare il portavoce di Ema, Marco Cavaleri, che a proposito di questi studi e per gli stessi motivi indicati da Donzelli, mette un freno a ulteriori richiami (booster).

I figli sono il futuro

Applauditissimi  anche gli interventi di Heather Parisi e dell’ex pilota di MotoGP Marco Melandri. La Parisi, ha avviato anche una campagna per informare le famiglie sulle vaccinazioni ai bambini. “…parlo anche come madre che si preoccupa per i figli. I vaccini non contribuiscono a curare la malattia e nessuno può dirci come curarci. Basta addossare le colpe di politiche non assennate ai non vaccinati, che esercitano soltanto il loro sacrosanto diritto di scelta”.

Melandri: “Non possiamo negare ai ragazzi la libertà di fare sport; oggi stanno negando questo diritto. Vengo dalle case popolari, mi sono svegliato tutte le mattine con il sogno di diventare pilota, e grazie alla mia famiglia ci sono riuscito. Lo sport mi ha insegnato a stare con la gente e a rialzarmi, ho conosciuto il mondo e imparato valori che mi aiutano a diventare un padre migliore. Senza sport i ragazzi rischiano di perdersi.

Voglio poter guardare mia figlia negli occhi e darle un futuro, la libertà è un futuro. I ragazzi devono essere liberi di vivere e di rispettare qualsiasi scelta. Questa tessera verde non dà nessuna libertà, può essere revocata in qualsiasi momento”.

Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?

Diritti umani

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Diritti umani

Vi riporto le riflessioni di Claudia Pretto, giurista, ricercatrice ed esperta di monitoraggio dei diritti umani, intervenuta al convegno “Pandemia, invito al confronto” promosso dal Coordinamento 15 ottobre e dall’associazione ContiamoCi! Il dibattito si è tenuto a Roma all’hotel Nazionale di Piazza Montecitorio ed è durato due giorni (3 e 4 gennaio). Ha visto la partecipazione di 25 relatori fra i quali i membri della CMS, la Commissione medico scientifica indipendente di cui abbiamo parlato qui e qui. Qui trovate gli interventi dei relatori oltre a quello di Claudia Pretto intitolato “La gestione della pandemia in Italia al vaglio degli obblighi internazionali in materia di diritti umani”, qui.

Le leggi non sono tutte uguali

Claudia Pretto ha esordito ricordando che gli Stati devono rispettare gli obblighi internazionali precedentemente sottoscritti.

Nella gerarchia delle leggi le convenzioni internazionali sono sovraordinate rispetto alle leggi ordinarie. Significa che hanno più forza, come stabilito dall’art. 10 della Costituzione.

Pretto si è soffermata su due convenzioni. Il Patto sui diritti civili e politici e il Patto sui diritti economico sociali e culturali, entrambi adottati nel 1966 ed entrati in vigore nel 1976.

“In caso di emergenza si possono derogare i diritti umani, ossia è ammesso il non rispetto di questi diritti per un certo periodo – ha spiegato la giurista – ma attenzione, le modalità di deroga sono illustrate dal Comitato Onu sui diritti umani. E non tutti i diritti possono essere sospesi, solo alcuni”. Pretto precisa che diversi studiosi internazionalisti sono concordi nel ritenere la pandemia un’emergenza ma “è obbligo per gli Stati notificare al segretario delle Nazioni quali sono gli articoli sospesi”.

Facciamo un passo indietro

Quali sono i diritti inderogabili? Ossia quelli che non si possono sospendere MAI neppure in caso di emergenza?

L’articolo 4, comma 2 evidenzia i diritti che non si possono mai interrompere. Li trovate qui. Leggeteli e vedrete che la discriminazione – per qualsiasi motivo – non è mai ammessa. Poi, l’articolo 6 sul diritto alla Vita non si può mai violare. Anche il 7 sugli esperimenti medici compare fra gli inderogabili. Si legge: “Nessuno può essere sottoposto alla tortura nè a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, in particolare nessuno può essere sottoposto senza il suo libero consenso a un esperimento medico scientifico”.

Pensate, perfino l’articolo 18 sulla libertà di espressione e opinione è intoccabile. “Alla libertà di espressione e di opinione per motivi politici e religiosi, anche in fase di emergenza non possono essere posti limiti” precisa Claudia Pretto. Il paragrafo 3 prevede sì un’eccezione per derogare la libertà di espressione ma, per farlo, occorre una legge discussa in Parlamento.

La giurista ricorda che in questi casi “l’autorità è chiamata a rispondere proprio perché si tratta di violazione dei diritti umani”. E che in caso di violazione “si risponde personalmente”.

Precisa inoltre cosa voglia dire il “libero consenso” del singolo che accetta di sottoporsi a un esperimento medico. “L’espressione ‘libero’ non rimanda a qualsiasi consenso, ogni persona deve essere messa in condizione di comprendere appieno l’esperimento al quale decide di sottoporsi. Infatti è stato stabilito che un consenso dato da una vittima di tratta (schiavitù) non è rilevante. Allo stesso modo non lo è il consenso della persona sottoposta a pressioni psicologiche o minacce, come la minaccia di perdere la fonte di sostentamento, il lavoro o la socialità”.

Come si può derogare ai diritti umani

Claudia Pretto riferisce che, durante l’emergenza pandemica, l’Italia non ha attivato i principi di deroga. Al contrario, altri Paesi lo hanno fatto. Ad esempio il Perù, il Guatemala, l’Armenia e la Romania. “Un funzionario Onu si è recato nelle nazioni che hanno dichiarato quali diritti sono stati sospesi ed è stata aperta una procedura di monitoraggio”.

Questo perché vi sono precise regole da rispettare, ribadite il 27 aprile 2020 dalle linee guida dell’Alto commissario. In sintesi: i diritti che si possono sospendere, non quelli citati nell’articolo 4, “devono rispondere a criteri di ragionevolezza, proporzionalità e durata. Va adottata la misura strettamente necessaria e meno invasiva”.

Conclusioni

Durante un’emergenza non è mai ammessa la discriminazione di qualsiasi tipo; non si possono minimamente scalfire le libertà di pensiero, coscienza, di religione così come il diritto di disporre di acqua, cibo e lavoro. La giurista Claudia Pretto invita a interrogarsi sui provvedimenti che l’Italia ha attuato per limitare il sostentamento.

Si può sospendere un cittadino dal lavoro?

Si può favorire un accesso al lavoro diversificato sulla base di una vaccinazione?

Il super green pass risponde ai requisiti illustrati dall’Alto commissario Onu?

I decreti continuativi rispondono ai principi di legittimità, proporzionalità e ragionevolezza?

Ricordiamo che anche sotto emergenza lo Stato ha obblighi vincolanti e che di tutto quello che accade – anche se non è monitorato dall’Onu – ne sono testimoni i popoli. Dunque, noi.

La pandemia si spegnerà (se lo vogliamo)

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La pandemia si spegnerà (se lo vogliamo)

Abbiamo tracciato la pandemia da Covid 19 per filo e per segno. Elaborato grafici e diramato bollettini sull’andamento dei “casi” dal primo giorno della comparsa del virus. Abbiamo preteso di controllare il fenomeno per provare a fermarlo.

In principio era la pandemia e la pandemia era presso il paziente zero…(la pandemia era dio?).

Abbiamo temuto e rispettato la pandemia come un dio. Addirittura ci siamo sentiti noi stessi il dio della pandemia quando abbiamo imposto limiti e regole, concordato postulati, giudicato i malati (dividendoli in degni e indegni), imposto cacce all’untore (presunto) e castighi, fino a trasmettere in televisione alcuni pentimenti pronunciati sul letto di morte.

Ora, chi stabilirà la fine della pandemia?

Se lo chiedono gli studiosi David Robertson e Peter Doshi  in un articolo sul British Medical Journal che trovate qui. E che si conclude con queste parole:

La pandemia di Covid-19 sarà finita quando spegneremo i nostri schermi e decideremo che altre questioni sono ancora una volta degne della nostra attenzione. A differenza del suo inizio, la fine della pandemia non sarà trasmessa dalla televisione”.

Prima considerazione: la pretesa di controllare un fenomeno per sua natura incontrollabile, ci ha dapprima illuso, nel mentre reso schiavi e, infine, depresso.

Scrivono gli autori: “Le tabelle, con i loro pannelli di numeri, statistiche, curve epidemiche e grafici multicolori hanno imperversato sui nostri teleschermi, sui nostri computer e sui nostri smartphone. Al centro c’è il fascino dell’obiettività e dei dati a cui aggrapparsi in mezzo all’incertezza e alla paura”.

“Le tabelle hanno aiutato le popolazioni a concettualizzare la necessità di un rapido contenimento e controllo,  orientando le sensazioni del pubblico, alimentando la pressione per l’imposizione di contromisure e contribuendo a mantenere un’aura di emergenza. Danno la sensazione che le cose siano sotto controllo quando i casi si riducono a seguito di determinate contromisure, ma possono anche generare un senso di impotenza e di catastrofe imminente quando i casi aumentano”.

Così è successo. Definiamo e misuriamo tutto ma capiamo sempre meno.

“Non esiste una definizione universale dei parametri epidemiologici della fine di una pandemia. In base a quali parametri potremo allora sapere che è effettivamente finita? L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la pandemia di Covid-19, ma chi ci dirà quando sarà finita?”

Quando finirà la pandemia?

“L’ubiquità delle tabelle ha contribuito a creare la sensazione che la pandemia finirà quando tutti gli indicatori dei grafici raggiungeranno lo zero (infezioni, casi, decessi) o 100 (percentuale di vaccinati). Tuttavia, le pandemie respiratorie del secolo scorso dimostrano che la fine non è chiara e che la conclusione della pandemia andrebbe intesa come la ripresa della vita sociale, non il raggiungimento di specifici obiettivi epidemiologici”.

Gli autori ripercorrono tre pandemie del passato, l’influenza spagnola del 1918, l’ asiatica del 1957 e quella di Hong Kong del 1968 e riportano il parere di alcuni storici, i quali hanno osservato che lo stress provocato dalle procedenti ondate pandemiche è stato inferiore a quello di oggi e le interruzioni della vita sociale sono state ben più fugaci di quelle dovute alla Covid.

Il monitoraggio assiduo impedisce il ritorno alla normalità

“La storia suggerisce che la fine della pandemia non seguirà semplicemente il raggiungimento dell’immunità di gregge o una dichiarazione ufficiale, ma piuttosto avverrà gradualmente e in modo non uniforme man mano che le società cesseranno di essere tutte logorate dalle misure scioccanti della pandemia. La fine della pandemia è più una questione di esperienza vissuta, e quindi è più un fenomeno sociologico che biologico.

Alcuni storici hanno osservato che le pandemie non si concludono quando cessa la trasmissione della malattia ma piuttosto quando, nell’attenzione del pubblico in generale e nel giudizio di alcuni media e delle élite politiche che modellano quell’attenzione, la malattia cessa di essere degna di nota. Le tabelle sulla pandemia forniscono carburante senza fine […] anche quando la minaccia è bassa.

Prendere le distanze da queste tabelle potrebbe essere l’azione più potente per porre fine alla pandemia. Questo non significa nascondere la testa sotto la sabbia. Piuttosto, è un riconoscere che nessun insieme di misurazioni potrà dirci quando la pandemia sarà finita”.

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