Lettere alla redazione

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La cura non ha tempo. Le misure anti Covid non portino a trascurare la prevenzione e la cura del cancro. Ecco le nostre iniziative

Riceviamo in Redazione il seguente Comunicato Stampa che pubblichiamo in toto allegando quanto in originale pervenutoci.
Il 4 febbraio è la GIORNATA MONDIALE CONTRO IL CANCRO.

Il Vice Presidente AMOlaVitaONLUS Dott. Mauro Moroni, Direttore Divisione di Oncologia Ospedale San Carlo Borromeo, Direttore Dipartimento di Emato-Oncologia ASST Santi Paolo e Carlo, Milano in una lettera aperta in occasione della Giornata mondiale contro il cancro che si celebra giovedì 4 Febbraio, lancia un SOS sul rischio che le misure anti Covid sottraggano tempi e spazi alla cura contro il cancro per una migliore qualità della vita dei pazienti.
Per questo, AMOlaVitaONLUS ha messo in atto iniziative di aiuto specifiche come la donazione di tablet ai degenti per permettere loro di tenersi in contatto con i familiari e l'omaggio di un kit anti Covid con l'intenzione di collaborare a mantenere l'assistenza la più “normale e calda possibile” e per ricordare che la lotta contro la patologia oncologica non deve fermarsi.

La cura non ha tempo. Le misure anti Covid non portino a trascurare  la prevenzione e la cura del cancro. Ecco le nostre iniziative

Uomo e libertà: il ritorno all’uomo integro. La persona umana nella Costituzione Italiana

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Uomo e libertà: il ritorno all’uomo integro. La persona umana nella Costituzione Italiana

Riceviamo e pubblichiamo con molto piacere la lettera pervenuta in redazione da parte di Mirella Manera, avvocato penalista di Milano, con la quale abbiamo condiviso indirettamente, negli ultimi anni, una lotta che è sempre andata a vertere a una informazione il più trasparente e obiettiva possibile.
Dalle righe a seguire emerge l'opportunità per poter riflettere su cosa sta avvenendo oggi nella nostra società, toccando temi importanti come la giustizia in relazione al concetto di umanità, moralità, etica e profitto, tutti argomenti con un unico filo conduttore.

RESET | Manifestazione Libertà e Verità | 30 gennaio 2021

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RESET | Manifestazione Libertà e Verità | 30 gennaio 2021

Nel giorno dell'ennesimo tentativo di questo Governo di trovare una maggioranza per poter permettere a certi parlamentari di restare ancorati alle poltrone, nel giorno in cui un presidente di una regione Lombardia dichiara che «Sulla zona rossa in Lombardia probabilmente non è colpa di nessuno», la redazione è lieta di dare spazio al Comunicato Stampa ricevuto nelle ultime ore da un Comitato di cittadini di Milano che, come altri nel resto d'Italia, ha superato il livello di tolleranza, il livello di guardia.

Il prossimo 30 gennaio, in Piazza XXV Aprile, dalle ore 15, è stata autorizzata una manifestazione, in seconda edizione a poche settimane dalla precedente e che aveva già avuto  successo per partecipazione e interventi.

Di seguito il comunicato ricevuto in redazione:

Il cuore di Alessandria chiede dimissioni immediate

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Il cuore di Alessandria chiede dimissioni immediate

In una giornata convulsa come quella di oggi, dove le attenzioni sono rivolte a problemi nazionali importantissimi raccontati nei fatti di cronaca, con difficoltà riusciamo comunque a restare indifferenti e lucidi su altre notizie, e sul livello di bassezza che un certo tipo di giornalismo può raggiungere.

Alessandria oggi piange nuovamente tre eroi che tali rimangono per la città, gli amici, tutti i parenti, tutti coloro che in un contesto cittadino modesto per sue estensioni territoriali, può corrispondere al quartiere di una grande metropoli.

Conoscevamo la notizia, ma il fatto di cronaca, la tragedia, torna oggi alla ribalta perché un giornale decide di buttare in prima pagina l'inutilità, andando a toccare l'onore di tre persone che hanno dato la vita per il loro lavoro.
Pubblichiamo la lettera pervenuta in redazione esattamente come è arrivata, firmata in rappresentanza degli amici vicini alle famiglie che oggi piangono due volte le proprie perdite.

Non facciamo parte di quel tipo di giornalismo!

#Covid19: l'importante è la campana di vetro. Tutto il resto è solo disturbo

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#Covid19: l'importante è la campana di vetro. Tutto il resto è solo disturbo

Riprendiamo nel titolo le parole di Sara Anzellotti che quest'oggi ha fatto arrivare anche alla nostra redazione una lettera che non lascia molto spazio a equivoci.
In questo paese, dove il Covid19 ha completamente azzerato ogni altra patologia esistente, ci si preoccupa della sanità solo quando bussa alla propria porta.
Si richiede ogni precauzione possibile, senza pensare che, per alcune famiglie, quello che possono apparire minimi sacrifici sono in realtà delle montagne insormontabili.

Sara è una mamma che fin da subito, alla nascita dei propri figli, si è sempre fidata di quello che un sistema sanitario ha sempre inculcato: prevenzione attraverso un calendario vaccinale mirato a far star bene i nostri bambini.
Quello che non aveva colto e nessuno le aveva detto era che, per quella prevenzione, c'erano anche dei rischi.

Con i primi vaccini suo figlio inizia con le prime reazioni avverse, rappresentate da forte agitazione e nervosismo, disturbo del sonno e coliche.
Ma la fiducia del sistema l'ha portata, nonostante tutto, ad affrontare anche il secondo richiamo, e da li è iniziato il declino.

Sono 9 anni che Sara con suo figlio deve fare i conti con una grave encefalopatia post vaccinazione, certificata dal personale medico.
E come se non fosse abbastanza, il tutto aggravato da restrizioni che non sono per nulla compatibili con chi vive la malattia.

Lettera agli organizzatori della manifestazione “A scuola!” - 25 luglio 2020

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Lettera agli organizzatori della manifestazione “A scuola!” - 25 luglio 2020

Carissimi,

Ero incerta sul da farsi, titubante nel decidere a chi rivolgermi con queste poche righe.

Avrei voluto scrivere, come cittadina-madre-donna italiana, una lettera agli organizzatori della manifestazione “A scuola!” per ringraziarli dell’immenso lavoro svolto, ma sentivo che avrei dovuto fare di più.

Avrei voluto scrivere al Ministro Azzolina per farle sapere che la scuola, quella vera, non si arrende alle inaccettabili nefandezze che progettano di propinarci, ma temevo mi avrebbe ignorata.

Avrei voluto scrivere all’ufficio scolastico regionale della Lombardia, ma considerate le recenti indagini in corso che hanno coinvolto in prima persona il Governatore Fontana, temevo di non ricevere la giusta attenzione.

Ho sentito quindi il bisogno di condividere con una platea più ampia i miei pensieri di cittadina preoccupata, pubblicarli in rete per mezzo di questa testata per renderli fluidi e fruibili, fissarli sul web attraverso gli occhi di chi offre spazio al sentire, quel sentire che si tramuta in ascolto e comprensione.

Positiva ai test sierologici IgG e IgM: vive la sua quotidianità nell'indifferenza del personale medico

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Gli italiani si sentono ripetere più volte al giorno di fare attenzione, di lavarsi le mani, di usare le mascherine.
Viene intimato di evitare la movida, con la non velata minaccia di una riattivazione del lockdown se la curva dei contagi dovesse tornare a salire.

E sempre più spesso le colpe vengono attribuite alla popolazione.

Ma quando l'incompetenza, l'inerzia, ma soprattutto il comportamento sconsiderato è degli enti ospedalieri, organizzati dal Servizio Sanitario Regionale, come dobbiamo comportarci?
Ci sarebbe da appellarsi alla magistratura, perchè chi sta causando danni è tutta là, dove qualcuno tenta malamente di portare avanti una regia sanitaria che di azioni reali ma soprattutto sensate ne sta facendo un gran poche.

Regione Lombardia, dalle pagine istituzionali del proprio sito Internet 1, scrive precisamente:

  • i test non devono essere venduti o messi a disposizione di “profani”, ovvero persone non esperte di test diagnostici

 .... e ancora:

Si precisa che:

la verifica della correttezza dei percorsi sopra indicati è in capo al medico responsabile
 i relativi costi NON sono in carico al SSR;
 il referto positivo a test sierologico con metodica CLIA o ELISA o equivalenti deve essere comunicato alla ATS di residenza del soggetto, attraverso gli appositi flussi predisposti secondo specifiche indicazioni regionali, indicando:
 i dati anagrafici;
 il telefono;
 il referto del test;
a data di avvio dell’isolamento fiduciario;
 la data prevista per l’effettuazione del tampone
e comporta l’avvio del percorso di sorveglianza di caso sospetto.

Pubblichiamo quanto accaduto alla famiglia di una nostra lettrice, le prove sono state fornite alla nostra redazione che ha provveduto a nascondere opportunamente i dati sensibili della madre.
Difronte al rifiuto del SSR, è andata a fare i test sierologici di sua iniziativa, leggete quanto accaduto:

 

Scrivo perchè vorrei che questa esperienza possa denunciare i limiti e i confini estremi di una totale incompetenza nella gestione di una cosi detta pandemia ... per chi ci crede!

Mia madre, 62 anni, custode in un condominio dove è presente anche un ambulatorio medico,  il 13 maggio 2020 si reca in una grande struttura ospedaliera di Sesto San Giovanni per effettuare il test sierologico.

Nel mese di marzo è stata male, una influenza che si è trascinata più del solito, durata un paio settimane con febbre che inizialmente faticava a scendere, trattata in fase 1 (per restare in tema decreti) con la classica terapia antinfiammatoria.
Successivamente, in fase 2, dopo la visita col medico di base, la prescrizione di un antibiotico, forse per la presenza di una tosse persistente che le causava dolori un po' ovunque.

Non è mai stata trattata come paziente Covid.

Nonostante le insistenze di mia mamma di approfondire con un tampone o altro metodo diagnostico, considerando il suo lavoro a contatto con la gente, la risposta è stata sempre negativa.
Solo un certificato di malattia per stato influenzale, nessun riferimento ad un isolamento preventivo e quarantena.

Il 15 maggio, due giorni dopo il test, doveva recarsi presso la struttura ospedaliera per ritirare il referto, ma una chiamata la invitava a presentarsi il successivo lunedi 18 maggio per un colloquio col medico.

Le ovvie preoccupazioni per l'esito del test sono aumentate quando, dopo tre giorni, riceve una telefonata dalla struttura che le rinvia l'appuntamento al mercoledi 20 successivo, con il ritiro dei documenti.

Giunge il 20 maggio e finalmente ritira il referto che viene letto insieme al medico: mia madre risulta positiva sia per IgG che per IgM, ergo ha sia gli anticorpi Cov, sia un'infezione tuttora in corso.

Non vengono fatte domande di rito, non le viene chiesto se persistono i sintomi e non viene svolta alcuna visita.
Nessuna domanda riguardo al suo lavoro, nessuna istruzione riguardo l'avvisare le persone con cui è venuta in contatto, i familiari e il datore di lavoro.

La invitano solo a presentarsi l'indomani per effettuare un tampone. 

Mi domando ora: quanta credibilità può avere una gestione di questo genere, in cui le persone potenzialmente infettive vengono lasciate a piede libero?
Quanti come mia mamma?
Parliamo di una cittadina che si è recata spontaneamente per fare un approfondimento, che ha trascorso 5 giorni nella paura, ricevendo solo rimandi, il tutto considerando la pressione mediatica degli ultimi quattro mesi?

Consideriamo che mia mamma ha vissuto la sua quotidianità lavorativa, senza sapere che poteva essere un problema per tutte le persone che incontrava.

A questo punto mi vien persino da pensare che gli aggiornamenti quotidiani dei nuovi casi pubblicati dalla Protezione Civile li facciano sulla base degli esiti di questi test: gente a casa che sta bene, ma che ancora risulta positiva.

Difficile non pensare che dietro a tutto questo ci sia solo una grande tavola grassa; un insieme di interessi nutrito dal grosso sacrificio e dettato purtroppo dalla paura di molte persone.

Con tutto il rispetto per chi ha vissuto in prima linea e per chi ha perso qualcuno, credo sia arrivato il momento di grattuggiare letteralmente le incapacità di gestione e la perseveranza negli errori con cui alcuni continuano a trattare la questione.
I trucioli che ne deriveranno potrebbero essere le risposte di cui abbiamo bisogno!

Fonti:

  1. Sito web istituzionale Regione Lombardia - Test sierologici per ricerca anticorpi anti COVID-19

Università di Medicina - iter e costi per la formazione di un medico

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Università di Medicina - iter e costi per la formazione di un medico

Proprio quest'oggi è stato accolto l'appello del Sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, che dalle pagine del quotidiano principale della città ne denuncia la carenza e chiede più medici presso i nosocomi bresciani.
E nello stesso giorno, mentre si cercano le cause del collasso del Sistema Sanitario Nazionale, arriva una lettera firmata in redazione che vuole mettere in luce alcuni aspetti che, almeno in parte, interessano quanto sta avvenendo oggi in Italia.
E' il riflesso di un sistema universitario, quello di Medicina e Chirurgia, che si è reso complice anch'esso di quella situazione che oggi tutti stiamo pagando:

 

In questi giorni si è tanto dibattuto sul tema della carenza di personale sanitario qualificato, sulla mancanza di medici e di specialisti da arruolare in prima fila a combattere in questa dura e difficile emergenza sanitaria.

Emergenza che ha colpito improvvisamente il nostro paese e che ha brutalmente rivelato quanto era noto a tutti da tempo ma che paradossalmente tutti facevano finta di non vedere o che faceva comodo non vedere, rimandando l’argomento a vaghe promesse in campagna elettorale fatte da tutte le fazioni politiche.

Mi sono permessa di fare delle indagini al fine di chiarire alcuni dubbi inerenti la gestione a livello statale della formazione di queste categorie, in particolare di quella dei medici, e di come attualmente funzioni l’iscrizione all’Università di Medicina e Chirurgia.

La nostra costituzione è un ottimo punto di partenza per un ragionamento obiettivo, critico e costruttivo

L’articolo 34 recita quanto segue:

“La scuola è aperta a tutti. …. I capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.


Nel corso dell’anno accademico 2018-2019 sono state conteggiate, su base nazionale, circa 66.000 domande di iscrizione al corso di Medicina e Chirurgia a fronte di soli 9.779 posti in tutte le Università italiane.

Da vari anni, infatti, per tale ed altri corsi di laurea , in differenti ambiti, è stato istituito il numero chiuso programmato.

A ragion di logica, per quanto afferma l’articolo 34 della costituzione, si tratterebbe di una pratica anti-costituzionale.

Se il diritto allo studio deve essere concesso a tutti, cosa significa limitare gli ingressi e le iscrizioni?

Ogni anno 66.000 famiglie pagano per l’iscrizione al test di Medicina una cifra variabile dai 50 ai 170 €, con un esborso annuale che varia dai 3,3 ai 5 milioni di € , a secondo se il test viene fatto presso una Università pubblica o privata.

Inoltre molti studenti , al fine di aumentare la possibilità di superare il test, decidono di iscriversi in più di una università.

Se per assurdo tutti i 66.000 aspiranti medici dell’anno accademico 2018-2019 si fossero iscritti a tutte e tre le prove, il risultato sarebbe un esborso da parte delle famiglie di ben 22 milioni di € ( anno / test ), senza ovviamente alcuna garanzia di ritorno dell’investimento economico fatto sulla  carriera universitaria dei figli.

Incasso che lo stato potrebbe utilizzare per ri-finanziare le stesse Università.

Come può un così dispendioso iter tutelare chi non ha i mezzi economici per studiare ed essere considerato lecito, costituzionalmente valido e accettabile?

Se il concorso di accesso alla facoltà di Medicina e Chirurgia si svolge nelle singole sedi universitarie, la graduatoria risulta a livello nazionale.

Tralasciando i brogli e gli imbrogli che si verificano puntualmente tutti gli anni in alcune sedi universitarie , come ben documentato in note trasmissioni di denuncia , si verifica quanto segue: per ipotesi, uno studente residente a Milano supera il test di accesso a Medicina e viene assegnato a Palermo o a Napoli o in altra sede persa dalla sua residenza.

Per le famiglie, dopo quello delle tasse universitarie, si presenta il secondo grande ostacolo di tipo economico, cioè la ricerca di un alloggio per lo studente e la messa a disposizione nel bilancio familiare di una certa cifra che consenta al soggetto di pagare l’affitto, il cibo, i trasporti, mantenersi e vivere una vita al minimo dignitosa, senza sfarzi né sprechi.

Quante famiglie al giorno d’oggi sono in grado di ottemperare a questo grande sforzo economico, sacrificandosi per anni per sostenere il proprio figlio desideroso di compiere una carriera universitaria in campo medico, in una città persa rispetto a quella di origine o di appartenenza?

Sarebbe sicuramente più logico , economico, costruttivo ed utile avere la possibilità di frequentare l’Università nella propria città di residenza con un notevole risparmio da parte delle famiglie e dando l’opportunità anche a medici di zona di crescere degli specialisti a cui trasferire tutto il proprio know-how che invece con questo iter va perso.

Per chi dispone di capacità economica non è certo un problema investire nella formazione del figlio, scegliendo anche tra una delle tanti sedi universitarie all’estero che ospitano gli studenti per il corso di laurea.

Spesso le rette di queste strutture non sono certo spese affrontabili da tutti.

Solo per la retta universitaria si parte da 15.000 € annui ed in alcune Università , per esempio della Spagna o della Svizzera, si arriva anche a 30.000€ annui.

Di nuovo sorge spontanea la domanda di come un così dispendioso iter possa tutelare chi non ha i mezzi economici per studiare  ed essere considerato lecito, costituzionalmente valido ed accettabile se, la costituzione stessa, sempre al già citato art.34 recita che “ … I capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”?

Di recente, la Federazione Medici di Medicina Generale (Fimmg) ed il Sindacato dei Medici dirigenti Anaao hanno lanciato un preoccupante allarme: per effetto dei pensionamenti dei medici di famiglia e dei medici del Servizio Sanitario Nazionale in Italia , nei prossimi 5 anni, mancheranno 45.000 medici.

Stima ancora più critica nei prossimi 8-10 anni se si considera che nel 2028 saranno andati in pensione 33.392 medici di base e 47.284 medici ospedalieri, per un totale di 80.676 persone.

Mediamente la formazione di un medico richiede 6 anni per il corso di laurea e altri 4-5 anni per la scuola di specialità.

Nella migliore delle ipotesi, uno studente che inizia a studiare medicina oggi sarà pronto ad entrare nel nostro sistema sanitario tra non meno di 10 anni.

Nel frattempo, come si gestirà l’emergenza sanitaria generata dalla carenza negli ospedali di personale qualificato?

Non sarebbe il caso che lo Stato si interrogasse sulle giuste misure da adottare a sostegno del futuro delle nuove generazioni?

Meglio continuare ad elargire contributi come un reddito di cittadinanza, fini a sé stessi, o meglio investire, con importanti sforzi economici statali che hanno una base di ritorno nel versamento delle tasse, nella revisione del sistema universitario volto alla formazione di nuovi medici che ci assicureranno la continuità di quello che oggi è considerato uno dei migliori Sistemi Sanitari a livello mondiale?

Stante la normativa attuale, in Italia, senza una specializzazione non è possibile esercitare la professione di medico.

E qui nasce la seconda beffa.

Il numero dei posti ottenibili nelle varie scuole di specializzazione è inferiore al numero di studenti che si laureano ogni anno.

Per le scuole di specialità vale la stessa regola del corso di laurea: un medico residente a Roma con molta probabilità andrà a fare la specialità a Cagliari e quello di Cagliari verrà mandato magari a Bologna.

Durante la scuola di specialità i medici sono stipendiati; tuttavia lo stipendio percepito, nella maggior parte dei casi, non basta a sostenere tutte le spese necessarie alla vita fuori dalla propria sede di residenza.

Al fine di poter completare il ciclo di studi alle famiglie è quindi chiesto un altro ulteriore gravoso sforzo economico. Mantenere uno studente , fuori sede, per un tempo stimato di circa 10 anni, resta purtroppo un privilegio per pochi. Ma quindi l’art.34 della Costituzione, come si sposa con tutto questo modus operandi?

Allo stato attuale siamo la Nazione d’Europa con il numero minore di Laureati.

Siamo esattamente al penultimo posto , superati solo dalla Romania: 26,2 % contro una media Europea del 40%. Siamo superati ampiamente anche da nazioni come Belgio 54,6% , Svezia 51% ed anche Cipro 53,4%.

Non sarebbe meglio permettere a tutti l’accesso alle Università evitando così che un numero elevatissimo di ragazzi siano costretti a rivedere le proprie aspettative e le proprie scelte di vita?

Sarà il corso di Laurea stesso a selezionare negli anni i migliori medici e i migliori professionisti, come del resto avveniva in passato e come avviene oggi in tutta Europa.

Lo Stato bisognoso ed in emergenza chiama a gran voce a raccolta la categoria dei medici ma non fa nulla affinché questa categoria sia tutelata, nel presente e nel futuro.

Per giuramento e missione di vita i medici eroi rispondono alla chiamata.

Ma quanto durerà tutto questo?

Alessia Francesca Raineri

 

 

#NOINONSIAMOCONTAGIOSI. Parte la Campagna contro l'abbandono di animali per il COVID-19

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#NOINONSIAMOCONTAGIOSI. Parte la Campagna contro l'abbandono di animali per il #COVID-19

Parte la Campagna di sensibilizzazione ideata dalla Croce Rossa Italiana, Comitato Area Metropolitana di Roma Capitale e provincia, e dall’Ordine Medici Veterinari di Roma e provincia: i cani ed i gatti non infettano gli umani con il COVID - 19, quindi, non li abbandonate!

Promotori dell’iniziativa anche il Pet Carpet Film Festival e alcuni personaggi dello spettacolo, tra i quali Lino Banfi, Giancarlo Magalli, Enzo Salvi, Cinzia Leone, Lillo, Alda D’Eusanio, Carmen Russo, che invitano la popolazione a seguire il loro esempio ed abbracciare ancora più forte il proprio amico a quattrozampe.

La medicina del futuro. Tra verità e menzogna! Conferenza del 22 marzo a Torino

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La medicina del futuro. Tra verità e menzogna! Conferenza del 22 marzo a Torino

Non può trovare altro che migliore collocazione, in queste ore convulse in cui l'infodemia sul coronavirus sta spaziando ogni dove in Italia e all'estero, la prossima conferenza che si terrà a Torino il 22 marzo 2020.
Con la presenza di importanti relatori, gli organizzatori ci hanno inviato le informazioni, la locandina e un comunicato che con piacere pubblichiamo per i nostri lettori.

Due anni dalla scomparsa del Prof. Giuseppe Genovesi, medico specialista di endocrinologia, immunologia

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Due anni dalla scomparsa del Prof. Giuseppe Genovesi, medico specialista di endocrinologia, immunologia

Due anni fa in questo stesso giorno ci ha lasciato il Professor Giuseppe Genovesi, medico e specialista in endocrinologia immunologia e psichiatria.

Era un medico altamente specializzato, ma era anche un uomo innamorato del sapere e che ha investito tante energie nella ricerca e nella divulgazione scientifica.

#Meningite: gestire una psicosi di massa. La reazione dei comitati e le associazioni lombarde

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#Meningite: gestire una psicosi di massa. La reazione dei comitati e le associazioni lombarde

I casi di meningite registrati nei giorni scorsi in alcuni paesi sul confine tra Brescia e Bergamo hanno scatenato una psicosi di massa.
I centri vaccinali di alcuni comuni sono stati presi d'assalto nonostante le istituzioni avessero fin da subito chiarito che non c'era alcuna emergenza.
Nonostante qualche giornalista abbia dichiarato la "sconfitta dei no vax", confermando nuovamente che l'isteria e le fazioni sono più alimentati da chi fa scarsa informazione, le reazioni dei comitati e associazioni sul territorio non hanno tardato ad arrivare.

CRELDIS, il Coordinamento Regione Lombardia Diritti e Salute, costituitosi proprio nel 2019, ha così inviato una lettera aperta, tramite la propria rappresentanza legale, a tutti i dirigenti scolastici degli Istituti Superiori della zona.
L'intento, richiamare l'attenzione dei Dirigenti Scolastici dei vari istituti sulle loro responsabilità: delegare alle scuole, quindi alla stessa direzione, le responsabilità di effettuare un trattamento farmacologico presso una sede di fatto totalmente inadeguata, apre le porte a riflessioni importanti qualora dovessero verificarsi eventi o reazioni avverse.

Il coordinamento regionale invia alla redazione la lettera aperta che integralmente pubblichiamo:

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