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ALLA RICERCA DEL POSITIVO PERDUTO

Scuole: consentiti tamponi salivari con auto-raccolta. E ai lavoratori? Nessun appello

Scuole: consentiti tamponi salivari con auto-raccolta. E ai lavoratori? Nessun appello
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3 - 6 minuti di lettura

Lo apprendiamo dal sistema sanitario regionale lombardo, ma come si evince dallo stesso documento, il piano di sorveglianza è nazionale e si prefigge di monitorare l’andamento dell’infezione da SARS-CoV-2 nella popolazione che frequenta la scuola primaria e secondaria di primo grado.

La modalità? Somministrazione di tamponi salivari ad un campione di classi, rappresentativo su base provinciale, a rotazione e su cadenza quindicinale, per un periodo di due mesi su un totale di 4 rilevazioni.

Fin qui nulla di grave per chi in piena libertà decide di collaborare alla ricerca di eventuali casi positivi, sottoscrivendo un modulo di consenso.

Ma sorgono spontanee alcune domande: le attività di raccolta del primo campione saranno eseguite presso la sede scolastica con l’ausilio di personale medico inviato dal servizio sanitario regionale, le tre successive rilevazioni prediligeranno invece la modalità di auto-raccolta del campione salivare nell’ambito domestico, con adeguate informazioni e istruzioni.

Notiamo solo noi una notevole discrepanza e diversa modalità di trattamento? Perché il dialogo con la scuola è su toni di assoluta cordialità, mentre nel mondo del lavoro tutti gli italiani sono sotto ricatto per ottenere il green pass?
Un dipendente, ad oggi, ha mai ricevuto un appello di collaborazione per fronteggiare la malattia, invece che subire lesioni ai principali diritti costituzionali e di tutela del lavoro?

E’ evidente che dietro questa operazione si celano molte e molte questioni, una tra queste, che agli italiani evidentemente piace essere più trattati come degli asini, con il bastone e la carota.

Che un dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria si preoccupi di effettuare una sorveglianza attraverso un periodo di monitoraggio nulla di male, anzi.

Il fatto che questo avvenga a scuole già iniziate lascia qualche perplessità.

Considerando che l’intento, come si apprende dai documenti stessi, è “garantire la frequenza scolastica in presenza”, non sarebbe stato meglio avviare questo monitoraggio durante il periodo appena antecedente la partenza del nuovo anno?

Ai più attenti e con forti dubbi sulla trasparenza di chi ha avviato questo piano nazionale, non sfugge il fatto che tutto questo parte quando il CEO di Pfizer annuncia che «è una questione di giorni, non di settimane» prima che l’azienda e il partner tedesco BioNTech presentino i dati ai regolatori statunitensi per l’autorizzazione federale del vaccino nella fascia dai 5 agli 11 anni 1.

Quello che lascia sconcerto è il diverso trattamento tra il mondo della scuola e quello del lavoro, oltre alle metodologie di monitoraggio.
Sono pochi i dubbi che ruotano attorno alla reale libertà di scelta che viene consentita sulla cura della persona in Italia.

Altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui agli italiani che alimentano il mondo del lavoro non sia consentita trasparenza, dialogo e predisposizione.

Agli italiani evidentemente piace essere trattati come dei soggetti non pensanti, incapaci di una possibile collaborazione con chi amministra la salute in tutto il paese.

Ascoltando alcune interviste di queste ultime settimane e giorni, appare sempre più evidente che siamo in mano a dei politici che godono nel poter andare a ledere i diritto al lavoro, ai diritti costituzionali che regolano la libertà di movimento, colpire la dignità dell'individuo.
E non si spiega perché non ci sia reazione, indipendentemente dal fatto che si sia optato per l’inoculazione di un vaccino o meno, questo trattamento dovrebbe essere contestato da chiunque e vedere un fronte comune di dissenso.

Lo stesso Istituto Superiore della Sanità, in un documento allegato al piano descritto, dichiara che “sulla base delle più recenti evidenze scientifiche che individuano valori di sensibilità compresi tra 77% e 93%, per il monitoraggio sarà prioritariamente utilizzato il test molecolare su campione salivare”.


Un test, si dichiara nel documento, che permette di rilevare la presenza di materiale genetico (RNA) del virus (attraverso il metodo RT-PCR) ed eventualmente di sequenziarlo (utile per risalire alla “variante virale”).

Un metodo semplice che prevede l’utilizzo di appositi raccoglitori, regolarmente in commercio e approvati a norma CE, che dovranno essere tenuti in bocca dal bambino per circa un minuto, in modo assolutamente sicuro e indolore.

Perché questo non è stato proposto nell'ambito del lavoro pubblico e privato? Non sono evidenti le semplificazioni che porterebbe una azione di questo genere?

La proposta di monitoraggio nelle scuole, peraltro, è estesa anche ai familiari dello studente, previa adeguata formazione: perchè in questo contesto è tutto consentito, ma se parliamo del mondo del lavoro è necessario il metodo coercitivo?

Notiamo peraltro che nella nota informativa allegata a firma dell’ISS si specifica che il piano prevede una durata che coinvolgerà l’intero anno scolastico e lo si definisce uno strumento di sanità pubblica il cui scopo è quello di monitorare la circolazione di SARS-CoV-2 nell’ambito scolastico.

Una attività dove è presente l'offerta gratuita del test diagnostico: perché queste enormi differenze? 
Il mondo del lavoro non merita adeguate attenzioni?

Il tutto quando, proprio questa mattina, prende luce lo studio finanziato dal Ministero della salute e condotto dai ricercatori dello Spallanzani.
Pur raccomandando l'adesione continua alle misure di prevenzione della salute pubblica per gli individui vaccinati fino a quando non sarà raggiunta un'adeguata copertura vaccinale della popolazione o in presenza di individui vulnerabili suscettibili, i ricercatori dicono «i nostri dati mostrano che gli individui vaccinati che si infettano dopo la vaccinazione, sebbene rappresentino una piccola percentuale della popolazione vaccinata (lo 0,3% nel nostro contesto), possono portare elevate cariche virali nel tratto respiratorio superiore, anche se infettati molto tempo dopo la seconda dose, cioè quando avrebbe dovuto essere sviluppata l'immunità correlata al vaccino».
Come sottolinea il giornalista di LaVerità 2, "poche parole, ma assolutamente chiare, che smontano senza alcun dubbio l'utilità del green pass, dimostrando che non è una garanzia di immunità dal coronavirus e nemmeno un passaporto che assicura di non essere contagiosi".

Dal canto nostro, abbiamo anche forti perplessità riguardo a quel 0,3% dichiarato "nel nostro contesto", perché bisognerebbe capire quale è il bacino di pazienti preso in considerazione.

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Fonti:

  1. Il Sole 24 Ore | 26 settembre 2021 | Coronavirus oggi. Pronti i dati ufficiali di Pfizer per la fascia 5-11 anni
  2. LaVerità | 29 settembre 2021 | Lo studio pagato da Speranza che demolisce il green pass

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