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Greenpass: incostituzionale, farlocco e c'è pure quello europeo

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3 - 5 minuti di lettura

Sono note ormai da un paio di settimane le gravi violazioni di sicurezza che hanno compromesso l'uso dei greenpass in Italia.
Certificati verdi emessi, a quanto pare, non per il furto di fantomatiche chiavi di sicurezza, ma piuttosto per una architettatura del software alquanto approssimativa, o perlomeno non consona all'uso che voleva farne il Governo italiano a differenza degli altri paesi europei.

Un progetto quindi, quello del greenpass, che oltre a non rappresentare nulla in ambito di sicurezza sanitaria, è di fatto una azione politica e una mera violazione dei diritti costituzionali.

Ma i fatti non si limitano a questo, perché molti italiani ignorano che in Italia è valido anche il Certificato Covid digitale dell'UE, ottenibile peraltro comodamente da casa attraverso un servizio di telemedicina.
Apparentemente un buon escamotage, una "comodità" in mezzo alle difficoltà quotidiane per ottenere il "lasciapassare", ma il prezzo ridotto non deve far scordare che combattere ciò che rappresenta il greenpass oggi è una scelta di salvaguardia della democrazia.

E rimane inoltre da analizzare il problema della corretta gestione dei dati sensibili, che in questo momento vengono ceduti a paesi dell'Unione Europea, dove ci sono aziende che potrebbero decidere di non rispettare gli obblighi presi.

Sono tornati alla ribalta personaggi di varia natura, da Adolf Hitler a Mickey Mouse, fino ad arrivare perfino a quello di Macron.
Certificati verdi chiaramente falsi, seppur validi anche successivamente alle dichiarazioni di intervento da parte delle strutture competenti che per conto del Ministero si stanno occupando della questione.

Lo scorso 27 ottobre venne dichiarato il furto delle chiavi per generare i QR code 1, in realtà si scopre poi nelle indagini a seguire che la falla principale era nella struttura e nell'architettatura del software destinato allo scopo.

Poco importante se pensiamo che, nella fantomatica darknet dove tutto si trova, sono presenti certificati verdi per ogni genere, uomo e donna, giovani e vecchi, peraltro tutti veritieri e funzionanti.
Perchè in effetti pochi utenti si sono resi conto di come i dati vengono diffusi sulla rete: un cittadino entra in un locale dove è richiesto obbligatoriamente l'esibizione del QR code, lo espone all'addetto il quale inquadra il codice per verificarne autenticità e validità.
Ma qualcuno si è mai preoccupato di guardare il display dell'addetto alla verifica? Basta che la applicazione aperta non sia Verifica C19, ma piuttosto una semplice per fotografie, ed ecco che il QR code finisce sulla rete.

A questi aggiungiamo coloro che, con tanto entusiasmo, ma poca testa, hanno diffuso il proprio QR code sui social, vantandosi del possesso dello stesso senza pensare che, ai fini sanitari, non rappresenta in sè alcuna garanzia.

Ma a tutto questo si aggiunge un altro fattore, ovvero il greenpass europeo, che sul sito ufficiale della Commissione Europea viene definito "Certificato COVID digitale dell'UE" 2.

Come si evince dal sito ufficiale dell'Unione Europea: "Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE è entrato in vigore il 1º luglio 2021. Ora il certificato COVID digitale potrà essere rilasciato a tutti i cittadini e i residenti dell'UE e verificato in tutta l'Unione".

Quello a cui già molti italiani sono arrivati è come ottenere tale certificato, e lo si apprende dalle stesse pagine dedicate in toto al Certificato UE:

Le autorità nazionali sono responsabili del rilascio del certificato. Potrebbe, ad esempio, essere rilasciato da centri che effettuano i test, dalle autorità sanitarie o direttamente tramite un portale eHealth.

Quello che si apprende, in particolare, è che "La versione digitale può essere salvata su un dispositivo mobile. I cittadini possono inoltre richiedere una versione cartacea. Entrambe le versioni disporranno di un codice QR contenente le informazioni essenziali e di una firma digitale per garantire l'autenticità del certificato".

A conferma della validità del certificato anche in Italia si aggiunge che "Gli Stati membri hanno concordato un modello comune che può essere utilizzato per le versioni sia elettroniche che cartacee al fine di facilitarne il riconoscimento".
Quindi, a tutti gli effetti, un certificato verde perfettamente valido anche in Italia, ma ottenibile "comodamente" da casa tramite un portale eHealth.

Per gli ulteriori dettagli vi lasciamo al sito della Commissione Europea, che peraltro nella stessa sezione dedicata a come ottenere il certificato, rilascia una mappa interattiva dove poter selezionare il paese di interesse e quindi valutare il portale dedicato per ottenere il lasciapassare europeo.

Ribadiamo il concetto già espresso in sommario. In questa fase gli italiani, indipendentemente dalla scelta fatta in merito all'accesso alla campagna vaccinale, dovrebbero avviare una sorta di coesione che sia costruita sul diniego ad esibire il greenpass, piuttosto che averlo "comodo".

Il prezzo ridotto che si ottiene dalla procedura indicata non deve far scordare che contrastare il greenpass è una scelta di salvaguardia della democrazia.
Oltretutto, non per farne una questione di nazionalità, va considerato che alcuni paesi che hanno fatto accesso all'Unione Europea di recente, hanno una strada meno "rodata" rispetto ad altri Stati Membri nell'esercizio della normativa europea.

Questo mette a rischio la sicurezza dei dati, ed è un fattore che va assolutamente valutato.
La gestione dei dati sensibili (questione già sollevata in Commissione Europea) non è questione da sottovalutare: se la singola azienda nel paese scelto dovesse decidere di non rispettare gli obblighi della privacy (cosa già abbondantemente capitata da chi gestisce grosse mole di dati) creerebbe una gravissima situazione che sarebbe sanabile solo in tempi lunghi con procedure giudiziarie che avanzerebbero quando ormai il danno è già creato.

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