Cronaca sanitaria

UN DE-JÀVÙ NON SOLO ITALIANO. IL MANTRA: MANTENERE IL TERRORE MEDIATICO

#Covid-19: quando la “pandemia” la decide la redazione televisiva

#Covid-19: quando la “pandemia” la decide la redazione televisiva
  • UN DE-JÀVÙ NON SOLO ITALIANO. IL MANTRA: MANTENERE IL TERRORE MEDIATICO
2 - 4 minuti di lettura

Succede in Spagna, ma si ripete ovunque, anche in Italia.
Giornalisti che perseguono nell’utilizzo del termine “pandemia” per spaventare, per mantenere il clima di terrore, per giustificare azioni intraprese dai governi senza i numeri a supporto.
Con documenti di comitati tecnici scientifici secretati perché con molta probabilità non forniscono il giusto peso alle azioni intraprese di concerto dai ministeri.
Oggi sono necessari i tamponi per trovare i malati, i contagiati, sempre più spesso asintomatici.

Un martellamento mediatico dalle redazioni televisive e giornalistiche.
Così come avviene anche a LA1, il primo canale nazionale dell’azienda televisiva pubblica spagnola TVE.
Prima per ascolti, uno dei maggiori canali TV spagnoli.

Come tutte le emittenti mondiali, si occupano di Covid-19 tutti i giorni, a tutte le ore, a tutti i minuti.
Una incessante infodemia che ha come bersaglio la popolazione, una politica del terrore che vuole utilizzare un aumento dei contagi come strumento discutibile per giustificare azioni di contenimento non supportate dai numeri e dalla realtà degli ospedali.

Quello che però è successo qualche giorno fa, in diretta, durante il TG nazionale, ha aperto una breccia nell’informazione, perché alcuni medici, con la schiena dritta, hanno deciso di parlare, direttamente da quelle “trincee” dove i numeri di vittime e contagiati dicono ben altro.

Inizia quindi l’intervista, in collegamento il dott. Luis de Benito, medico esperto di apparato digerente e endoscopia presso il Centro Digestivo Médico Quirúrgica (Madrid). Negli ultimi 15 anni ha eseguito più di 25.000 endoscopie digestive. Collabora a forum radiofonici e televisivi e social network; autore di pubblicazioni scientifiche e di un blog medico che conta più di 20.000 visite al mese.

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Navarra, PhD in Cell Biology Program presso l’Università di Navarra, medico specialista in malattie digestive presso l’ospedale universitario di La Princesa di Madrid, laureato in filosofia presso l’UNED, queste sono solo alcune delle voci del lungo curriculum del dott. de Benito.

Dipinto dalla stessa giornalista che avvia l’intervista come uno di quei medici “in prima linea fin dal principio e che sa bene come stanno le cose”, decide di raccontare una verità ben diversa da quella che la linea editoriale dell’emittente televisiva avrebbe voluto mettere in luce durante la diretta.

Con dati alla mano, smentisce ripetutamente colei che vorrebbe condurre l’intervista, spiegando che la situazione in Spagna è sotto controllo, ponendo una semplice domanda ai suoi interlocutori: “dove sono i principali ingredienti di qualunque epidemia? Dove sono i malati?”.

La giornalista cerca di incalzare il dottore, ma invano.
Perfino alla domanda sui benefici di un vaccino, lo stesso chiede quali potrebbero essere, quando ormai la malattia ha interessato pressoché la maggior parte della popolazione, considerando che il vaccino, per sua stessa definizione, è uno strumento di prevenzione. Esattamente come da settimane stanno dicendo molti medici italiani.

E’ apparso evidente alla maggior parte dei telespettatori che l’intervista non aveva preso la “piega” editoriale, per questo mandano in aiuto un altro giornalista, nel tentativo di salvare il salvabile.
“I media hanno parlato h24 del Covid-19 per mesi, pensa che le persone siano stupide?”, questa la prima affermazione del secondo interlocutore, ma il Dott. de Benito risponde che le notizie non sono state trattate con la dovuta professionalità.
“… ognuno ha trattato le notizie come credeva più conveniente!” è la risposta del giornalista. Difronte a tale affermazione anche il medico non omette un’espressione che non ha lasciato molto spazio a fraintendimenti, sull’utilizzo del termine “conveniente”.

Non contento della pessima figura o probabilmente non essendosi accorto di quanto affermato, si conclude uno dei migliori match in diretta con una autorete del giornalista: dopo aver presentato il medico come uno dei più preparati in tema di Covid-19 avendolo vissuto anche sul campo, si lascia andare a una domanda/affermazione che definire discutibile è dire poco: “…. ma lei dove ha vissuto!?”.
La risposta non ha lasciato spazio ad equivoci sul vincitore del dibattito: “io in ospedale, amico, lei invece dove ha vissuto? In una redazione?”.

Non ancora conscio della pessima figura, il giornalista risponde di aver vissuto nelle strade e di aver visto “i morti”. Morti per strada? Evidentemente troppo difficile entrare negli ospedali oggi per documentare i pazienti che in terapia intensiva non sono ricoverati.
Nessuno nega la malattia, ma è più facile oggi chiamarli “negazionisti”, ma per giustificare un prossimo lockdown le stanno provando tutte.

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