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Il Consiglio di Giustizia per la Sicilia, “Vaccini troppo rischiosi, l’obbligo è incostituzionale”

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È di ieri la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia (sorta di sede distaccata del Consiglio di Stato) che chiama in causa direttamente la Corte Costituzionale sulla legittimità dell’obbligo vaccinale.

Toccherà alla suprema Corte esprimersi sulla costituzionalità dell’imposizione dei prodotti anti Covid per gli operatori sanitari (ma, a cascata, le motivazioni varranno anche per gli altri lavoratori), visto l’alto numero degli eventi avversi post vaccinazione.

Andiamo con ordine.

Il massimo organo giurisdizionale amministrativo della Sicilia ha accolto le tesi di due avvocati, Vincenzo Sparti e Roberto De Petro, in difesa di un infermiere specializzando a cui era stato negato l’accesso all’Università di Palermo. Per partecipare al tirocinio formativo era stato imposto agli universitari l’obbligo di vaccinazione.

Sono diversi i punti affrontati e documentati nell’ordinanza di 53 pagine che trovate qui

Sintetizziamo i più importanti.

Molti di voi ricorderanno che lo scorso ottobre il Consiglio di Stato si era espresso a favore dell’obbligo. I giudici avevano paragonato i prodotti anti Covid agli altri vaccini obbligatori adducendo come motivazione che le vaccinazioni obbligatorie ci sono sempre state e che, come tutti i farmaci, non sono esenti da effetti indesiderati.

Ma questo è il punto. Gli avvocati hanno inserito nell’istruttoria i rapporti Aifa di diverse vaccinazioni, pur con i limiti di una farmacovigilanza passiva. Da un lato i vaccini pediatrici che nel 2020 hanno riportato 17,9 segnalazioni ogni centomila somministrazioni (considerata grave 1,9 segnalazione ogni centomila) e zero morti successive ai vaccini. Dall’altro, con le vaccinazioni anti Covid somministrate per il primo anno, nel 2021, ci sono state 109 segnalazioni ogni centomila dosi somministrate e 17,6 eventi gravi ogni centomila. E ci sono stati anche decessi a seguito di queste somministrazioni.

(Morti che il database europeo “Eudravigilance”, anch’esso basato solo sulla vigilanza passiva, stima in 23 mila e calcola gli eventi avversi in oltre 2 milioni)

Perciò, gli avvocati precisano che “le emergenze istruttorie suggeriscono una rivisitazione degli orientamenti giurisprudenziali fin qui espressi”.

Inoltre – l’ordinanza ripercorre sentenze della Corte Costituzionale – si apprende che la legge che impone i trattamenti sanitari obbligatori non prevede che vi siano conseguenze dannose per il singolo salvo per quelle “considerate tollerabili e temporanee”. Per capirci, una disabilità permanente è un rischio che non potrebbe essere ammesso in un trattamento sanitario obbligatorio.

Ma c’è di più.

Per la Corte Costituzionale non conta tanto il numero degli eventi avversi quanto la loro gravità. Si legge, “il criterio posto dalla Corte Costituzionale in tema di trattamenti sanitari obbligatori non pare lasciare spazio a valutazioni quantitative, si escludono i preparati che superano la soglia della normale tollerabilità”.

La Corte ci dice, insomma, che è sufficiente un solo evento avverso grave (o un solo decesso)  per far decadere  l’obbligatorietà di un trattamento.

Già.

Con quale coraggio si può pensare di imporre a una categoria di lavoratori un trattamento sanitario che ha dei rari rischi gravi? O, sapendo che Aifa collega 18 decessi ai prodotti anti Covid raccomandare gli stessi ai bambini? A chi spetta individuare la categoria dei sacrificabili?

L’ordinanza tocca anche altre questioni di pertinenza della Corte: il fatto che a chi rifiuta la vaccinazione sia impedito di lavorare o ne sia ostacolata la formazione; l’inadeguatezza della farmacovigilanza passiva, la carenza di quella attiva; il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage prevaccinale e dunque la mancanza, nella fase di triage, di approfonditi accertamenti e di test positività/negatività al Covid. L’irrazionalità del sistema di raccolta del consenso informato (che da un lato chiede una manifestazione della volontà dall’altra la comprime).

Alla luce degli ultimi dati e dell’inefficacia delle vaccinazioni di fronte alle varianti “non vi è prova di vantaggio certo per la salute individuale e collettiva superiore al danno per i singoli”. E “appare carente un adeguato bilanciamento tra valori di rilievo Costituzionale, tutela della salute da una parte e tutela dello studio e del lavoro dall’altra”.

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