Lettere alla redazione

LETTERE ALLA REDAZIONE

... siamo da secoli il Paese degli egoismi, dei campanili!

... siamo da secoli il Paese degli egoismi, dei campanili!
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In una sonnolenta serata di febbraio mi è capitato, per caso, di imbattermi in un’edizione del mese precedente del Giornale di Brescia (era del giorno 16, per la precisione), in cui vi era una lettera al Direttore inviata da un lettore, che qui riporto fedelmente:

“Recentemente ho visto sui social un video di una professoressa (ha insegnato inglese anche a mia figlia) che davanti all’Itis di Brescia si lamentava a gran voce del fatto che gli fosse impedito l’insegnamento perché non vaccinata. Vorrei risponderle. Carissima professoressa, nella sua pubblica invettiva lamentava il fatto di non poter insegnare perché non vaccinata invocando a gran voce la libertà di poter scegliere. Libertà, libertà il suo grido disperato rivolto agli studenti. Ripetendo più volte questo termine in modo accorato mi ha ricordato William Wallace, l’eroe indipendentista scozzese, che gridava freedom davanti al patibolo. Beh, lei non era davanti al patibolo e il suo grido non aveva la stessa nobiltà. Parlando di libertà mi viene in mente chi ha combattuto contro il nazifascismo consegnandole uno stato democratico in cui anche idee “bizzarre” come la sua possono essere liberamente espresse.

Il suo concetto di libertà è molto personale e mi permetta, egoistico. Come ben sa la libertà di un individuo trova come limite la libertà di altri. Insomma, ci sono limiti alla nostra libertà e questi sono definiti da leggi condivise. Carissima professoressa, trovo estremamente illibertario che un insegnante svolga il suo lavoro potendo contagiare studenti e colleghi e magari causarne la morte, perché, carissima professoressa, di Covid si può anche morire. Trovo estremamente illibertario che quelli come lei limitino la libertà di movimento e di lavoro della maggioranza andando ad intasare reparti di terapia intensiva che, come lei ben sa, sono occupati all’80% da non vaccinati. Carissima professoressa, mia figlia, sua ex allieva, ha un buon ricordo di lei come insegnate, si vaccini e riprenda a fare il suo lavoro con la professionalità e la passione sempre dimostrati”.

Confesso di aver dovuto leggere la missiva un paio di volte per essere sicuro di aver colto appieno il senso delle parole di chi scriveva e ancora oggi, avendola riletta più e più volte, quando mi ricapita tra le mani mi assale una sorta di vertigine per la gran quantità di concetti quantomeno opinabili che essa contiene.

Provo ad andare con ordine, consapevole che è compito assai arduo provare a comprendere le ragioni di qualcun altro avendo come unico appiglio alcune righe lette su un giornale.

La prima cosa che mi ha colpito è che chi scriveva definiva “bizzarre” le idee di questa professoressa che invocava la libertà di poter insegnare in una scuola pubblica Secondaria di Secondo grado (le Superiori, tanto per intendersi) pur non essendo vaccinata.
Probabilmente, ho pensato, chi scriveva ritiene che il non vaccinato sia pericoloso mentre il vaccinato (meglio tri che bis) non sia contagioso.
“Ancora?” mi sono detto! Poi ho ricordato le parole fuorvianti pronunciate dal nostro Presidente del Consiglio che, all’atto di introdurre il Green Pass in Italia, dichiarò in conferenza stampa che “il Green Pass è una misura con cui gli italiani possono continuare a esercitare le proprie attività, a divertirsi, a andare al ristorante, a partecipare a spettacoli all’aperto, al chiuso, con la garanzia però di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”.
Ecco sì, dev’essere proprio così: chi scriveva la lettera (e chissà quanti altri italiani) è rimasto congelato a quel torrido giorno di luglio quando una delle più alte cariche dello Stato poneva una cesura netta tra chi era vaccinato e chi non lo era.

Ma è davvero così? Davvero c’è tutta questa distinzione ai fini della diffusione del virus tra chi è stato inoculato e chi no?
No, tutta questa differenza non esiste ed è soltanto nelle menti di chi vuole credere che sia così.

Un articolo comparso su The Lancet in data 20 novembre 2021, intitolato “COVID-19: stigmatising the unvaccinated is not justified” (Covid 19: Stigmatizzare i non vaccinati non è giustificato) precisava come negli Stati Uniti e in Germania funzionari di alto livello avessero usato il termine “pandemia dei non vaccinati”, suggerendo che le persone che sono state vaccinate non sono rilevanti nell'epidemiologia del COVID-19.
Questa visione, si legge nell’articolo, è fin troppo semplice e semplicistica perché vi sono prove crescenti che gli individui vaccinati continuano ad avere un ruolo rilevante nella trasmissione, come evidenziano inequivocabilmente i dati statunitensi e tedeschi.
L’articolo continuava affermando che le persone vaccinate hanno un minor rischio di malattie gravi ma erano ancora una parte rilevante della pandemia.
“È quindi sbagliato e pericoloso parlare di pandemia dei non vaccinati – continua l’articolo -. Storicamente, sia gli Stati Uniti che la Germania hanno generato esperienze negative stigmatizzando parti della popolazione per il colore della pelle o la religione.
Invito funzionari e scienziati di alto livello – chiudeva l’autore - a porre fine alla stigmatizzazione inappropriata delle persone non vaccinate, che includono i nostri pazienti, colleghi e altri concittadini, e a impegnarsi ulteriormente per unire la società”.

Appunto, stigmatizzare i non vaccinati ritenendoli alla stregua degli untori della Colonna Infame di Manzoni è un esercizio gradito a molti dei vaccinati e fomentato dalle nostre istituzioni e da praticamente tutte le testate giornalistiche e della televisione, quasi che un fenomeno complesso e ancora in parte da scoprire quale la SARS-Cov 2 sia spiegabile con slogan a metà strada tra un assioma geometrico e un dogma religioso.

Tutto questo a novembre del 2021. Ed oggi?
Oggi abbiamo la conferma di quello che già alcuni mesi fa si leggeva nell’articolo citato e in moltissimi altri che per ragioni di spazio non si possono citare, ma che chi è armato di buona volontà, come il sottoscritto, può agevolmente rinvenire sui siti ufficiali delle principali riviste scientifiche del mondo (do un piccolo aiuto: provate a cercare questo tema su Nature e sul British Medical Journal e fatevi un’idea di come stanno realmente le cose).

Il periodo di Natale è appena terminato e, volendo ironizzare, possiamo dire che è stato un periodo “felice” perché non si è mai vista così tanta positività in giro.
Ci siamo abituati a numeri monstre di contagiati, superando i picchi di duecentomila unità al giorno e abbiamo viaggiato su questi ritmi per diverse settimane.
Forse sono tutti non vaccinati questi nuovi casi? Direi di no, come ognuno di noi può testimoniare per esperienza diretta.

Come se ciò non bastasse, tutti abbiamo letto e sentito di focolai che sono scoppiati e continuano a scoppiare in ospedali, RSA e uffici delle forze dell’ordine, dove all’interno si trovano solo soggetti in regola con le vaccinazioni che quindi non dovrebbero diffondere il contagio, ma così non è.
Da ultimo, quasi la ciliegina sulla torta, il resoconto di un noto virologo, ospite abituale di moltissime trasmissioni televisive che, raccontando della sua recentissima esperienza di malato Covid pur essendo tri vaccinato, asseriva che era certo di aver contratto l’infezione durante una cena con amici e colleghi e le rispettive famiglie, dove tutti erano vaccinati, si, proprio tutti a suo dire.
Insomma, se qualcuno avesse dubbi in merito, sarebbe bene che se li togliesse: i vaccinati contagiano … e parecchio anche.

Chiarito questo punto, torniamo all’articolo del Giornale di Brescia. Se anche una docente tri vaccinata ha un ruolo rilevante nel contagio, come la scienza ci dice, è giusto privare del lavoro una docente non vaccinata, invocando una presunta misura di salute pubblica?
Direi che a questo punto cade il presupposto su cui si basa la misura in oggetto.

Chi scriveva non considera probabilmente che quello al lavoro, nella nostra Costituzione, è un diritto di rango assolutamente primario che, per costante giurisprudenza delle nostre supreme corti, può essere compresso solo a fronte di comprovata e inoppugnabile necessità di tutelare altro diritto di pari rango, quale potrebbe essere quello alla salute.

Ma se cade, ed è effettivamente caduto, l’assunto che vi sia una differenza sostanziale tra vaccinati e non nel favorire il contagio, allora necessariamente privare del lavoro il non vaccinato non è più una differenziazione basata su un presupposto scientifico, medico e sanitario ma diventa una discriminazione a tutti gli effetti (riporto la definizione del principio di non discriminazione che si trova sul sito della Enciclopedia Treccani: Principio che vieta, in via generale, l’applicazione di un trattamento diverso in situazioni che si presentano sostanzialmente uguali).
Con questo credo di aver chiuso il cerchio sulla presunta bizzarria della pretesa della docente che chiedeva solo di essere trattata come il diritto, l’epidemiologia, la medicina in genere e la scienza nella sua globalità impongono che avvenga!

Un altro concetto nella lettera al Giornale di Brescia che ha attirato la mia attenzione è quello secondo il quale la scelta di non vaccinarsi sarebbe una scelta egoistica, come se la scelta di vaccinarsi fosse invece una scelta dettata da un insopprimibile desiderio di perseguire il bene collettivo.
Che dire: se una cosa simile fosse asserita da un giapponese o da uno scandinavo potrei anche crederci, ma immaginare che l’italiano medio di oggi sia corso a vaccinarsi per il bene collettivo mi fa parecchio sorridere.
Siamo da secoli il Paese degli egoismi, dei campanili, in cui ci si riesce a dividere persino sugli eroi del ciclismo (Coppi vs Bartali) e del calcio (Mazzola vs Rivera), in cui tutti dimenticano il bene collettivo quando c’è da pagare le imposte, quando c’è da fare la raccolta differenziata e da buttare l’immondizia nel cassonetto anziché ai lati della tangenziale da auto in corsa; siamo la nazione in cui ci si volta dall’altra parte se rubano a casa del vicino e nel quale se ci si può avvantaggiare a scapito di qualcuno si è furbi, non disonesti!
Invece no, tutti magicamente ora si preoccupano degli altri e non sono corsi a inocularsi perché terrorizzati da un anno di bombardamento mediatico o perché desiderosi di poter mangiare l’irrinunciabile pizza del sabato sera potendo esibire il Green Pass (cosa vi sia di Green, poi, non l’ho ancora capito) ma perché era il destino della comunità che stava loro a cuore.
Asserire quindi che il non vaccinato è un egoista è un falso colossale perché le ragioni della non vaccinazione possono essere le più diverse: c’è chi è diffidente verso un vaccino messo a punto e sperimentato in tre mesi; c’è chi ha dubbi sulla nostra classe dirigente che è celebre in tutto il mondo per non brillare per onestà e lungimiranza; c’è chi persegue uno stile di vita teso all’uso parsimonioso di qualunque prodotto farmacologico; c’è chi ha già sviluppato la patologia durante la prima ondata e ritiene, perché così dice la scienza, di avere acquisito un’immunità naturale.

Chiudo con un’ultima riflessione: fino a quando chi si ritiene depositario della verità non accetta di ascoltare le ragioni dell’altro, nella nostra società continueranno a circolare virus pericolosi tanto quanto il Covid, ossia l’astio, il rancore e l’odio.

Un Professore di Diritto di Scuola Superiore.

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