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ZONE ROSSE E OSPEDALI COVID-19

#CORONAVIRUS: Medici ignorati. Le richieste avrebbero contenuto il contagio e molti decessi

#CORONAVIRUS: Medici ignorati. Le richieste avrebbero contenuto il contagio e molti decessi
  • ZONE ROSSE E OSPEDALI COVID-19
3 - 6 minuti di lettura

Circola dal primo gennaio, si è diffuso indisturbato per oltre un mese e mezzo, fino alla scoperta del paziente 1 il 20 febbraio scorso.
Questo quanto denuncia l'analisi pubblicata dal sito ArXiv, frutto del lavoro di 14 centri di ricerca, con il coordinamento del Direttorato Generale della Sanità di Regione Lombardia.

Molti si interrogano però sui ritardi di intervento dell'unità di crisi sanitaria della Regione, di concerto con il Governo, incapaci fin da subito di intraprendere una linea comune.
Dalle zone rosse, non attive anche per le pressioni della filiera produttiva locale, ai medici inascoltati che suggerivano importanti azioni di contenimento.

Una su tutte la proposta di organizzare ospedali esclusivamente riservati a ricoverati per Covid-19 per evitare promiscuità con altri pazienti e quindi diffusione del virus nelle strutture ospedaliere.
La risposta di Regione Lombardia alle richieste del Dr. Angelo Giupponi, direttore dell’Agenzia regionale emergenza/urgenza di Bergamo, è stata un categorico "non abbiamo tempo per le tue cazzate".

Lo apprendiamo, come molte altre testate locali e nazionali, dal Wall Street Journal [1] che il 18 marzo 2020 pubblica la notizia e l'intervista al Dr. Giupponi, medico attualmente attivo presso l'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

20c25 wallstreetjournal

 

Quando Bergamo ha scoperto un gruppo di casi di coronavirus nelle sue città periferiche intorno al 22 febbraio, il dott. Giupponi dell'ospedale Papa Giovanni ha inviato un'e-mail alle autorità sanitarie regionali della Lombardia. Li ha esortati a svuotare alcuni ospedali e usarli esclusivamente per i casi di coronavirus.
All'epoca i dirigenti regionali stavano affrontando un focolaio a sud di Milano. "Non dormiamo da tre giorni e non vogliamo leggere le tue cazzate", ha ricordato la loro risposta il dott. Giupponi.

Questo quanto riportano i giornalisti Marcus Walter e Mark Maremont dalle pagine del Wall Street Journal.

Affermazioni pesanti, difronte alle quali oggi ci si interroga per le azioni tardive delle istituzioni.
Un insieme di interventi che avrebbero potuto permettere di contenere il numero di decessi registrato soprattutto nel territorio di Bergamo e Brescia, le città ad oggi più colpite dalla malattia e dal collasso delle strutture ospedaliere.

Anche la Rivista Nature, commentando la ricerca sul proprio sito, ha affermato che «L’epidemia in Italia è rimasta sconosciuta per settimane. E' cominciata molto prima del 20 febbraio 2020. Al momento dell’identificazione del primo caso di Covid-19 si era già diffusa in molti comuni della Lombardia meridionale».

Oltre a non aver ascoltato quel comparto di medici, che già si trovavano sul campo a gestire le centinaia di casi che man mano si presentavano presso i nosocomi della zona, la Regione Lombardia e il Governo dovranno anche spiegare il mancato lockdown delle zone che già vedevano veicolare il virus.

Lo spiega bene dalle proprie pagine web l'Internazionale [2], sottolineando il fatto che Bergamo, nonostante fosse tra le prime zone d'Italia ad essere colpita, non aveva adottato "le misure di chiusura totale che sono state invece disposte in altre aree della Lombardia e del Veneto come Codogno e Vo’ Euganeo, che sono state subito dichiarate zone rosse".

Anche l'intervento e il "parere" di Confindustria ha giocato il suo ruolo, evidentemente era più intenzionata a proteggere un indotto di circa 370 imprese con un fatturato di oltre 650 milioni di euro annui, e lo dimostra il 28 febbraio quando decide di lanciare la campagna video "Bergamo is running / Bergamo non si ferma", nel tentativo di tranquillizzare i partner internazionali delle aziende della filiera produttiva bergamasca.

Ha prevalso quindi ancora l'economia industriale e interessi economici rispetto al buonsenso, oggi nessuno potrà dire con certezza che operazioni tempestive avrebbero dato gli esiti sperati.
Ma quanto avvenuto non ha dato nemmeno la possibilità di saperlo a centinaia di persone che a causa di questa malattia hanno lasciato questa vita terrena presso gli ospedali, almeno chi è riuscito a raggiungere il pronto soccorso della sua zona prima del tracollo.

Gli autori della ricerca, che hanno analizzato i dati relativi a 5830 casi confermati in laboratori della Lombardia, procedendo a ritroso sono riusciti a ricostruire la catena dei contatti e in quel modo sono riusciti a comprendere i casi sporadici che si sono presentati a gennaio.

Le stime dei ricercatori hanno anche evidenziato che inizialmente il tasso di riproduzione era 3.1, ovvero ogni persona con infezione aveva un potenziale di contagio di altre 3.1.
Questo calcolo aveva iniziato a decrescere dopo il 20 febbraio, ma nella fase iniziale l'epidemia era nella sua fase esponenziale, con un raddoppio dei casi in media ogni tre giorni a Bergamo (3.5), Codogno (3.4) e Cremona (2.6) [3].

A questo punto fanno storcere un pò il naso le dichiarazioni pubblicate il 24 marzo su Repubblica [4], il quale nella giornata di ieri si definisce, tramite twitter, «in prima linea a fianco di medici e infermieri per sconfiggere l'emergenza sanitaria».
Per farlo, questi medici e infermieri dovevano essere dotati fin da subito di tutti i DPI necessari per la loro incolumità.

 

20c26 twitter gallera

 

Per quanto non è l'unico responsabile di quanto accaduto, considerando le numerose ordinanze ministeriali e decreti che sono provenuti dal Ministero della Salute e dal Governo Conte, creando solo molta confusione e ritardi in interventi che avrebbero permesso di non arrivare alla situazione attuale.

Una su tutte, il bando pubblicato su CONSIP  quale "Procedura negoziata d'urgenza Dispositivi medici per terapia intensiva e sub-intensiva destinati all'emergenza Covid-19" [5].
Un bando pubblicato solo il 6 marzo, in piena emergenza e non nei tempi in cui gli ospedali lamentavano già carenze di respiratori, mascherine e altri dispositivi di protezione individuale.
Un bando che viene aggiudicato solo il 9 marzo e che evidenzia dei tempi di attesa a dir poco sconcertanti, considerando il bollettino giornalieri dei decessi in atto oggi e anche al momento dell'assegnazione:

Le consegne saranno effettuate in 4 scaglioni temporali - entro 3 giorni, tra 4 e 7 giorni, tra 8 e 15 giorni, tra 16 e 45 giorni - dal momento dell’ordine (es. i 3.918 ventilatori totali offerti tra lotto 1 e 2 sono ripartiti in: n. 119 ventilatori “entro 3 giorni”, n. 200 ventilatori “tra 4 e 7 giorni”, n. 886 “tra “8 e 15 giorni” e n. 2.713 “tra 16 e 45 giorni”).

Fonte: News e Comunicati Consip

In un momento di urgenza, la burocrazia non dovrebbe essere protagonista dei ritardi in atto, soprattutto quando la gente soffre e muore per la mancanza di strutture e di dispositivi sanitari.
Di questo dovrà rispondere il nostro Governo con il suo team di esperti.

 

Fonti:

  1. Wall Street Journal - 18 marzo 2020 - 'Every Day You Lose, the Contagion Gets Worse.' Lessons from Italy's Hospital Meltdown
  2. Internazionale - 25 marzo 2020 - Cosa è successo a Bergamo, la città italiana più colpita dal virus
  3. Giornale di Brescia - 25 marzo 2020 - Quando è arrivato il Coronavirus in Lombardia? Il 1° gennaio
  4. Repubblica - 24 marzo 2020 - Gallera: “Vivo nel bunker non penso alla popolarità. Ma se serve sono pronto alla sfida per Milano”
  5. CONSIP - 6 marzo 2020 - Bando emergenza Covid-19

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