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I DIRITTI INVIOLABILI: OSSERVATORIO COSTITUZIONALE

Obbligo al vaccino sul posto di lavoro: non c’è la Legge. Ipotesi forte rischio per la politica

Obbligo al vaccino sul posto di lavoro: non c’è la Legge. Ipotesi forte rischio per la politica
  • I DIRITTI INVIOLABILI: OSSERVATORIO COSTITUZIONALE
5 - 9 minuti di lettura

È tema che ricorre da tempo, ma la campagna mediatica generata a livello planetario per il vaccino Covid-19 ha fatto si che l’ostico argomento tornasse in primo piano negli ambienti del Diritto, soprattutto nel campo del lavoro.

Gli esperti si stanno esponendo in questi giorni con pareri che possono apparire discordanti, ma su un punto sono tutti allineati: per un obbligo serve una Legge.

E’ necessario che il tema entri nelle aule del Parlamento e che la politica, se intenzionata a imporre un trattamento sanitario utilizzando la minaccia del posto di lavoro, se ne vada ad assumere anche la responsabilità.

Ma siamo sicuri che qualcuno voglia giocarsi i consensi del proprio elettorato, in virtù di un vaccino che oggi non offre alcuna certezza, con l’impiego discrezionale del mezzo repressivo in forza di Legge?

E i datori di lavoro, che per la maggiore non sono certo medici o scienziati, sono sicuri di mettersi al sicuro con l’adozione di una coazione che li esporrebbe ad anni di tribunali in cause con risarcimenti economici per i relativi danni?

Lo stesso Presidente del Consiglio Conte, nelle recenti Conferenze Stampa dove ha illustrato le manovre del Governo per il periodo natalizio, più volte incalzato dai giornalisti ha risposto che il Governo non ha alcuna intenzione di imporre ad oggi obblighi alla vaccinazione per il popolo italiano.

L’attenzione all’uso dei termini non è cosa nuova per Conte, infatti ha nessuno è sfuggito quel “ad oggi”, a sottolineare quanto sarà monitorata la risposta alla massiccia campagna vaccinale iniziata da dicembre con le prime inoculazioni.

Ma come stanno oggi le cose? È legittimo licenziare un dipendente che rifiuta l’imposizione di un vaccino?

Entra in auge l’ormai tanto citato articolo 32 della Costituzione Italiana, attraverso il quale alcuni sostengono che esista tale possibilità, ma senza alcun fondamento.

Il perché è presto spiegato: l’articolo della carta costituzionale, che troviamo nella Parte I “Diritti e doveri dei cittadini”, nel Titolo II “Rapporti etico-sociali”, non viene mai riportato per esteso.

La faciloneria infatti porta a riprendere il paragrafo dove “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di Legge”.

Leggendo questa parte, verrebbe automatico pensare che sia abbastanza emanare la Legge, e l’obbligo è presto fatto.

Ma l’art. 32 conclude con “La Legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

articolo32 ci

In tempi in cui si fatica a rispettare i valori espressi dalla Costituzione, non è una sorpresa il fatto che ci siano pseudo-esperti e politici che vogliano superare i “limiti imposti” dalla legge fondamentale dello Stato Italiano che dovrebbe occupare il vertice della gerarchia delle fonti dell’ordinamento giuridico.

Gli esperti di Diritto sono fortemente divisi sull’argomento, ma quelli che bramano la possibilità di una imposizione vaccinale, scendendo di gerarchia, vengono a citare anche l’art. 2087 del Codice Civile che stabilisce:

L'imprenditore e' tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le
misure che, secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrita' fisica e la
personalita' morale dei prestatori di lavoro.

Per quanto è opinione comune che le leggi siano soggette a forte interpretazione, al di là del fatto che il Codice Civile non supera i valori espressi dalla Costituzione per gerarchia, non si capisce come questo possa e debba influenzare un datore di lavoro, dato che “l’integrità fisica e la personalità morale” non sono di certo garantiti da una vaccinazione che, nel caso del Covid19, non offre alcuna garanzia.

L’apice della demenzialità la si raggiunge con chi cita anche l’art. 20 del Testo Unico della Sicurezza sul lavoro (D.L. n. 81 del 2008) correlandola anche al tema della prevenzione vaccinale.

Secondo alcuni addetti ai lavori, nel stabilire un vero e proprio obbligo di cooperazione da parte del dipendente, si aprirebbe lo scenario dell'innesco di una corresponsabilità di incidente sul luogo di lavoro.
Ma non solo, una inidoneità alla mansione, equiparando un incidente automobilistico al caso di un soggetto non vaccinato, considerandolo per mera ignoranza un "untore", un potenziale infetto, quando nella stessa misura si tratta di un soggetto sano.

A tal riguardo ricordiamo le parole del portavoce dell’EMA, Cavaleri, che abbiamo riportato in un recente articolo:

Difronte all'efficacia del vaccino, è importante sottolineare che le dichiarazioni del portavoce dell'EMA non parlano, al momento, di prevenire l'infezione.
Questo significa che individui vaccinati non saranno protetti dal virus e potranno comunque essere «trasmettitori» dello stesso in egual misura.
Le parole di Cavaleri infatti su questo non lasciano margini di mal interpretazione quando il giornalista parla di efficacia del vaccino: «No. Occorrono studi ad hoc per verificare come e quando questo succede. È un obiettivo secondario».
Fonte completa.

Anche a livello tecnico/legislativo subentrerebbe l'impossibilità di dimostrare la fonte del virus, inteso l'ambiente di lavoro.

Come detto in introduzione, quello che trova d’accordo tutti è che licenziare chi rifiuta di sottoporsi al vaccino, allo stato attuale e con le normative vigenti, NON È POSSIBILE.
E’ una ipotesi che apre a diverse e non poche problematiche, tra le principali l’efficacia del vaccino deve essere provabile e incontrovertibile.

Non solo, anche la positività al contagio del virus sul luogo di lavoro non è in alcun modo elemento probatorio, e peraltro una condizione del genere porterebbe i nosocomi italiani alla chiusura, considerando da quanti anni sia oggetto di denuncia la contrazione di infezioni negli ospedali, sia da parte del personale sanitario sia dei pazienti.

Anche la Corte Costituzionale era intervenuta sul tema dell'imposizione, con le vaccinazioni pediatriche, e quell'esperienza insegna oggi molto.
La sentenza prese forza a seguito di una "epidemia" di morbillo (con soli 4.885 casi e 4 decessi), malattia che scomparve nel giro di breve, ma senza alcun reale effetto correlabile alle imposizioni dettate dalla Legge 119.

Era chiaro all'ora come oggi, sono state scelte politiche, le stesse che i parlamentari oggi al Governo dovrebbero fare, assumendosi grosse responsabilità: sono disposti a mettere in gioco i consensi degli elettori?

Qui non si tratta del tentativo di obbligare una parte minoritaria della popolazione composta da genitori con bimbi in età pediatrica, qui si tratta di milioni di italiani che non hanno un quadro completo chiaro e trasparente, chiusi da oltre 10 mesi in casa e limitati nelle loro libertà.


Troppa diffidenza nei confronti di un sistema sanitario nazionale corrotto che vede la presenza di interessi privati, in generale conflitti di interesse, e omertà.
Un contesto che ha portato a migliaia di decessi per mancanza di assistenza a domicilio e presso gli ospedali, per una malattia che si dice di voler sconfiggere oggi: ma in tutti questi mesi cosa si è fatto per le cure?

E intanto la campagna vaccinale prosegue, non senza reticenza visto che testimonianze di queste ore raccontano di fiale del vaccino Pfizer già scongelate, ma non utilizzate, per questo offerte a parenti di medici o infermieri.

I consulenti del lavoro affermerebbero che l’obbligo per il personale sanitario sia già vigente, ma in realtà non è affermazione fondata e lo provano anche le recenti sentenze che hanno dato ragione a infermieri che hanno rifiutato il vaccino antinfluenzale e per questo soggetti a azioni disciplinari.
Un vaccino che dovrebbe avere una “storia” di affidabilità ben più consolidata rispetto al vaccino Pfizer (o Moderna, per citare quello autorizzato più di recente).

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato un documento, il 22 dicembre scorso, attraverso il quale l’obbligo dovrebbe essere imposto a seguito delle recenti disposizioni derivanti dall’emergenza pandemica.

Ma anche in questo caso, per applicare il progetto normativo a tutti i settori lavorativi, è necessaria una specifica Legge.

Il Comitato Nazionale di Bioetica del Lavoro, un mese prima, si era così espressa in tema di obbligatorietà dalla vaccinazione anti Covid-19:

... sia rispettato il principio che nessuno dovrebbe subire un trattamento sanitario contro la sua volontà preferendo l’adesione spontanea rispetto all’imposizione autoritativa, ove il diffondersi del senso di responsabilità individuale e le condizioni complessive della diffusione della pandemia lo consentano

e ancora:

... che, nell’eventualità che perduri la gravità della situazione sanitaria e l’insostenibilità a lungo termine delle limitazioni alle attività sociali ed economiche, non vada esclusa l'obbligatorietà dei vaccini soprattutto per gruppi professionali che sono a rischio di infezione e trasmissione di virus; tale obbligo dovrà essere revocato qualora non sussista più un pericolo significativo per la collettività.

A dimostrazione, appunto, che l’obbligo oggi non c’è nemmeno per il personale sanitario.

Il 24 aprile 2020, in piena emergenza, era stato diffuso dal Ministero del Lavoro il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.
Un documento firmato dal Presidente del Consiglio Conte, dai Ministeri del lavoro e politiche sociali, dello sviluppo economico, della Salute, dalle associazioni dei lavoratori CGIL, CISL, UIL, UGL, da Confindustria, Rete Imprese Italia (capitanata da Confesercenti, Cosartigiani, CNA, Confartigianato e Confcommercio), Confapi e Confimi, la Alleanza Cooperative (Confcooperative, Legacoop e AGCI, Federdistribuzionel e Confprofessioni.

Al momento non esistono farmaci specifici per i quali sia accertata l’efficacia per curare gli effetti dell’infezione da COVID-19, sicché il vaccino risulta essere l’unico vero presidio per l’infezione. Dunque - si legge nel documento - per garantire la sicurezza delle sedi di lavoro, il datore dovrebbe poter pretendere che ciascun dipendente si sottoponga a vaccinazione (aderendo al piano nazionale) garantendo così l’incolumità del singolo e dei suoi colleghi.

Le affermazioni, riprese da Quotidiano Sanità, risalgono alla fase 1, e già si dava per certo che il vaccino poteva (per qualcuno, “doveva”) essere l’unico vero presidio.

Ma cosa si è fatto per la cura dei pazienti che nel frattempo hanno contratto il virus? Sollecitare la magistratura affinché indaghi è un atto doveroso che dovrebbe arrivare su invito dell’intera collettività.

Ricordiamo questo passaggio, sempre della Fondazione Consulenti del Lavoro:

“Senza una norma che renda obbligatorio il vaccino per tutti i lavoratori, quale misura preventiva del contagio in azienda, come sarà possibile tutelare la salubrità dei luoghi di lavoro e la conseguente responsabilità penale del datore di lavoro?”

 

Ricordiamo bene queste parole: responsabilità penale del datore di lavoro. Questo il focus, tutto il resto pura utopia.

 

Fonti:

https://www.laleggepertutti.it/456584_licenziamento-per-il-lavoratore-che-non-vuole-vaccinarsi-e-legittimo

https://www.tecnicadellascuola.it/vaccino-anti-covid-lobbligo-e-possibile-lo-dice-una-sentenza-della-corte-costituzionale

https://www.today.it/attualita/vaccini-covid-parenti-baggiovara.html

http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=91284

https://www.lavoro.gov.it/notizie/Documents/Protocollo-24-aprile-2020-condiviso-misure-di-contrasto%20Covid-19.pdf

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