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Sistema fallato

Bibliometria, evidenza scientifica e il denaro in palio

Bibliometria, evidenza scientifica e il denaro in palio
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4 - 8 minuti di lettura

L'informazione scientifica (o pseudo tale) in Italia oggi non ha di certo da lamentarsi. Nel panorama mediatico abbiamo ormai quotidiani cartacei, online, un mainstream televisivo che spaziano ogni dove e che trattano l'argomento della scienza, soprattutto medica, con una padronanza quasi da fare spavento.
Fa riflettere quanto siano diventati esperti alcuni giornalisti che, quando il sistema della prevenzione non era di così nutrito interesse, trattavano argomenti di natura ben diversa da quella che scrivono oggi.

La nostra redazione, con un occhio critico e trasversale, sta cercando anche di interpretare la volontà di alcuni di questi, anche per cogliere quali siano i fatti che il giornalista vuole portare alla luce.

Prendiamo un articolo pubblicato ieri su ADNKRONOS, non per un attacco o una smentita sul contenuto, ma perché ci serve da esempio: Vaccini, l'esperto: avanti con obbligo finchè serve.
All'interno di questo articolo abbiamo notato quell'uso ponderato che si fa di certe tassonomie, che a forza di ripeterle diventano una terminologia di uso comune e quotidiano, facendo apparire ogni affermazione come una profonda verità.

Una delle keywords più usata è "evidenza scientifica", nello specifico notiamo che alcuni giornalisti - e non solo loro - per avvalorare la tesi sostenuta nel proprio scritto, usano chiudere la frase con "supportate dall'evidenza scientifica".

Ma a questo punto, dato che è ormai consuetudine chiedere le fonti di quanto si afferma, ci domandiamo: ma dove e quali sono queste evidenze?

Perchè le evidenze dovrebbero provenire dalla scienza, quella stessa scienza che basa anche la sua autorevolezza sulle pubblicazioni scientifiche che troviamo su rinomati siti web e riviste del settore.
Parliamo di pubblicazioni di studi in ambito medico, una editoria accademica dove un indice sintetico, definito Impact Factor (IF), misura il numero medio di citazioni ricevute in un particolare anno da articoli pubblicati in una rivista scientifica.

Molti conoscono quanto sopra con il termine di bibliometria, ovvero una scienza che utilizza tecniche matematiche e statistiche per analizzare i modelli di distribuzione delle pubblicazioni per verificare, appunto, il loro impatto all'interno delle comunità scientifiche.

Il termine bibliometria lo trovammo anche in una pagina pubblicata su Facebook dedicata ad un noto professore italiano, che durante il dialogo proveniente da un suo post dedicato alla propaganda vaccinale, vide scrivere un suo mentore.
Quest'ultimo intervenne proprio evidenziando le criticità che ruotano, da ormai diversi anni, attorno a calcoli e algoritmi che vanno poi ad "affidare" autorevolezza ad uno studio scientifico.
Lo stesso studio che poi potrebbe avvalorare la "evidenza scientifica" e quindi la tesi di un professore che la cita o banalmente di un giornalista che deve avvalorare il proprio articolo riportando una fonte che potrebbe anche contenere inesattezze o scarsi approfondimenti.

Perchè questa lunga premessa. Dalle ricerche che abbiamo continuato in questi mesi, siamo incappati in informazioni alquanto curiose.
Notizie recenti, che ci hanno portato dal tema della bibliometria, quindi al fattore evidenzia scientifica, fino ad arrivare all'ammontare del denaro in palio, e dobbiamo dire che la trasparenza, in tal senso, non regna sovrana.

Ci imbattemmo in un articolo dal titolo Bibliometria anvuriana: se la conosci la eviti, un articolo pubblicato nel febbraio 2017 sul sito ROARS (Return On Academic ReSearch), condotto dalla associazione omonima, che si prefigge lo scopo più che applaudibile di contribuire allo sviluppo di una "discussione meditata e competente sui problemi dell'università e della ricerca".

Il titolo ci ha incuriosito e ci siamo addentrati nella lettura dell'articolo, apprendendo che in Italia, per valutare la qualità dei risultati della ricerca scientifica e delle organizzazioni pubbliche di ricerca, è stata istituita l'ANVUR.
La "denuncia" dell'autore era quella di portare all'evidenza che la logica avrebbe voluto che l'ANVUR fosse la prima "ad utilizzare i risultati della ricerca per adempiere al meglio alla sua missione istituzionale". Aggiungendo però un quasi assordante "nulla di più lontano dalla realtà".

Ma non ci vogliamo soffermare nello specifico e nella denuncia derivante dal testo, certamente ricco di fonti a sostegno delle tesi sostenute.
In realtà la nostra attenzione si è spostata su un altro articolo pubblicato un anno dopo, nel febbraio 2018: Dipartimenti di eccellenza: ANVUR secreta i calcoli. Cantone, se ci sei, batti un colpo.

Per aiutarvi nella lettura, facciamo presente che Cantone, citato nel titolo, è Raffaele Cantone, l'ancora attuale Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, nominato con Decreto del Presidente della Repubblica del 4 aprile 2014.
E sempre per aggiungere un tassello importante a tutto l'excursus, Cantone insieme all'allora Ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli, il 21 dicembre 2017 (quindi prima dell'articolo sopra menzionato) aveva presentato, presso il Salone dei Ministri del MIUR, le novità contenute nell'Aggiornamento 2017 al Piano Nazionale Anticorruzione, approvato a novembre 2017.

L'articolo parla quindi di una enorme somma di denaro, in palio 1,35 miliardi di euro, ripartiti in tranche da 271 milioni annui per un totale di cinque anni.
Dipartimenti scientifici che, dopo essere stati giudicati vincitori, riceveranno tra 1,1 e 1,6 milioni di euro annui, oltre a 250mila per le "scienze dure".

Ma perchè ci scandalizziamo tanto? Del resto un paese che investe sulla scienza sarebbe da premiare.
Ma proseguendo la lettura emergono alcuni dati che ci hanno lasciato un pò di amaro in bocca.

Innanzitutto, dipartimenti scientifici del Centro-Nord che si sono aggiudicati l'87% dei "bollini di eccellenza", Sud e Isole le briciole con il 13% avanzato. Verrebbe anche qui da pensare: che c'è di male, saranno stati più bravi, ma le evidenze non sono queste.
Infatti sono anche iniziati quei flussi migratori di chi, per proseguire nelle proprie ricerche, ha dovuto chiedere "asilo" in qualche ateneo del Nord Italia.

L'uso preminente delle bibliometria legata quindi ai quasi ormai difficoltosi calcoli e algoritmi per assegnare questi premi in denaro, con cifre a nove zeri, dovrebbe passare sotto serrati controlli, quindi comprendiamo del perchè venga preso in causa lo stesso Presidente Cantone per fare chiarezza sulla vicenda.
Ma quando scopri che una strategia come questa, con il movimento di soldi che ne deriva, non è nemmeno mai passata attraverso una votazione in Parlamento e quindi tantomeno dagli elettori, ti fa molto pensare.

L'autore dell'articolo denuncia infatti la questione attribuendola a chi governava nel febbraio 2018, quindi prima di perdere da li a poco le elezioni nazionali.

La gara, prevista dalla legge di stabilità 2017, assegna premi per complessivi 1,35 miliardi di euro, ripartiti in tranche da 271 milioni di Euro annui per cinque anni. I dipartimenti vincitori riceveranno un premio non indifferente (tra 1,1 e 1,6 milioni all’anno, cui vanno aggiunti 250mila euro per i dipartimenti che fanno riferimento alle “scienze dure”). È la prima volta che un premio non va all’ateneo, ma direttamente ad un dipartimento, che potrà usare questi soldi non solo per fare ricerca, ma anche per finanziare posti destinati a reclutamenti dall’esterno o a promozioni per i propri ricercatori. I dipartimenti perdenti saranno costretti a tentare di sopravvivere fino alla prossima gara. Ancor peggio, i dipartimenti vincenti potranno attrarre dai perdenti i loro ricercatori, promettendo carriera e risorse. I ludi dipartimentali, come li ha chiamati Umberto Izzo, metteranno in moto il ben noto “effetto San Matteo”: i dipartimenti ricchi diventeranno sempre più ricchi e quelli poveri si impoveriranno, alcuni verosimilmente fino alla consunzione.

Si tratta di una strategia ben chiara, eppure mai votata dal Parlamento e tantomeno dagli elettori. Sono stati i Renzi Boys che hanno rispolverato il programma del PD del 2008, che accoglieva le ricette thatcheriane proposte dagli economisti de La Voce.info, oggi ormai saldamente assisi in remunerative poltrone di governo e sottogoverno.


Quello che fa comunque riflettere è che se le evidenze scientifiche sono oggi supportate da sistemi come quello raccontato, c'è veramente da chiedersi come stiano realmente  le cose all'interno degli atenei e dei dipartimenti scientifici.
Perchè aldilà di tutto, qui parliamo di studi  che vengono spacciati di frequente per verità scientifiche inconfutabili, proprio per quell'indice di impatto menzionato e secondo degli algoritmi che pare derivino proprio da un sistema viziato, ma nel frattempo c'è di mezzo la salute di tutti.

Riflettessero su questo anche tutti quei Senatori che oggi sono richiamati nell'attenzione al DDL 770 in discussione dal 2 ottobre scorso presso la Commissione Sanità.
Sia mai che poi si ritrovassero sulla coscienza un altro danneggiato da vaccino solo per essersi fidati di una evidenza scientifica, che proprio così evidenza non era.

Vogliamo chiudere questo lungo approfondimento riprendendo a citazione una parte della premessa scritta dal ROARS:

Lo abbiamo chiesto a MIUR ed ANVUR. Il MIUR ci ha risposto che il titolare dei dati è ANVUR.
ANVUR ha negato l’accesso ai dati perché coperti da privacy.

Il MIUR sta distribuendo 1,35 miliardi senza che nessuno possa controllare la correttezza dei dati su cui è basata la distribuzione.
Un ottimo esempio di trasparenza, o forse una delle declinazioni dello slogan secondo cui “la scienza non è democratica”: i dati sono buoni e corretti semplicemente perché li produce ANVUR?

Probabilmente quelli del ROARS non avevano propriamente scritto questo articolo pensando di contribuire anche a ben altre riflessioni, ma di certo tutto quanto è stato denunciato fa comprendere perchè l'evidenza scientifica in Italia non attrae più quella fiducia che aveva probabilmente un tempo.
Di questo dovrebbe riflettere il MIUR e anche l'Istituto Superiore della Sanità, che dovrebbe tornare al prestigio di un tempo allontanando interessi privati che al suo interno non dovrebbero nemmeno esistere.
Consigliamo una lettura degli articoli citati a fonte, benchè più complessi di quello che noi abbiamo cercati di semplificare con le nostre umili risorse.

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