Professioni e Sanità

QUANDO LA TECNOLOGIA NON E' A SERVIZIO DELL'UOMO

#IMMUNI: il Ministero della Salute insiste su una app che pone dubbi su legittimità, utilità ed efficacia

#IMMUNI: il Ministero della Salute insiste su una app che pone dubbi su legittimità, utilità ed efficacia
  • QUANDO LA TECNOLOGIA NON E' A SERVIZIO DELL'UOMO
3 - 6 minuti di lettura

Era l'8 luglio quando Walter Ricciardi, professore di Igiene all'Università Cattolica e consulente del Ministero della Salute, disse durante una intervista a SkyTG24: "Pochi hanno scaricato la App Immuni ed è colpa del complottismo" 1.

Sempre dalla trasmissione, aggiunge "Servirà quando riaumenterà il numero di casi, per fare il tracciamento, come succederà in autunno".

Appare evidente che la app tanto acclamata e adottata dal Governo, che si prefiggeva di monitorare l'andamento dei contagi, non ha avuto il successo sperato da qualcuno.
Lo si evince anche dalla campagna avviata oggi dal Ministero della Salute sui propri canali: "Nella lotta contro Covid-19 l'app Immuni può fare la differenza. Scaricala sul tuo smartphone e proteggi chi ti è vicino. Più siamo e meglio stiamo".

Una corsa ai ripari quindi, e la strada sempre la stessa: assumere testimonial che possano abbattere il muro di diffidenza che il Ministero della Salute e questo Governo dovrebbero ben prendere in considerazione.
Questa volta è il turno dl Flavio Insinna, noto attore e conduttore televisivo.

Nel frattempo non sono certo negazionisti o complottisti che hanno posto alcune domande e sollevato dubbi sulla tecnologia adottata, sulla diffusione, sugli allarmismi e anche qualche falsa sicurezza.

Una app di contact tracing che ha certamente aumentato di molto l'interesse sull'adozione della tecnologia per contribuire a sconfiggere l'epidemia.
Ma mentre Ricciardi si lamenta per l'insuccesso in termini di download, attribuendo colpe dove è più facile distribuire etichette pur di non assumersi precise responsabilità anche sugli investimenti di soldi pubblici, ci sono dei professonisti che hanno analizzato la app Immuni.

Partendo da diversi punti che sono un pò il cardine per un corretto funzionamento e valutazione dei dati, non hanno tralasciato anche il comportamento degli utenti, da cui può derivare il successo di una app.

Chi ha curato lo spot messo in pista dal MinSalute non ha avuto l'accortezza di adottare tutte le precauzioni relative al contagio, condivisibili o meno per reale efficacia.
Dalla sequenza di immagini si potrebbero fare riflessioni su:

  • due persone gioiosamente utilizzano alcune app sul telefono: così si avvia il servizio, finalizzato a introdurre la app oggetto dello spot.
    Ridono e scherzano, azioni attraverso le quali è più facile l'emissione di goccioline di saliva (droplet).
    Dove sono le mascherine? Eppure lo stesso MinSalute e gli enti preposti ci hanno venduto, per la movida, le discoteche, tutti i luoghi dove è possibile assembramento, che il fantomatico droplet è capace nell'aria di viaggiare anche ad alcuni metri di distanza
  • la distanza tra il testimonial Flavio Insinna e la nipote (l'attrice ha questo ruolo nello spot), in alcuni momenti è inferiore a un metro se misuriamo la distanza da bocca a bocca
  • la ragazza pone giocosamente il telefono nelle vicinanze della bocca di Insinna, nella parte del microfono che la ragazza ha utilizzato certamente ogni volta che ha usato il telefono per giocare o per impegnarsi in una conversazione

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Ma i punti qui sopra, sono nulla in confronto ai ragionamenti fatti sulla app, per quanto sono direttive e precauzioni che per settimane e mesi ci siamo sentiti passare dal mainstream.

Quello che invece dovrebbe far soffermare ogni potenziale contagiato o soggetto a rischio, sono le riflessioni che tecnici e virologi hanno portato all'attenzione valutando la app Immuni, per la quale sono stati investiti soldi pubblici e ancora se ne stanno investendo anche per questi spot, che di certo non sono realizzati gratuitamente per ingaggi, manodopera e molto altro.

I primi dubbi che sono sorti hanno riguardato la questione tecnologica.
Per permettere alla app Immuni di trasmettere continuamente un segnale bluetooth low energy è necessario disporre di uno smartphone non eccessivamente datato.
Infatti la app è data compatibile con dispositivi con iOS 13.5 (sistema operativo Apple) e Android dalla versione 6.x: questo fattore va a tagliare parte della popolazione anziana che utilizza telefoni tutt'altro che smart, ma non sono solo gli anziani a non dotarsi di smartphone di ultima generazione e sopra una certa spesa.

Un secondo quesito ha riguardato proprio la diffusione della app attraverso gli store Apple e Google.
Al di là delle affermazioni sulle colpe e su chi ha remato contro, secondo gli epidemiologi, una app di contact tracing, per essere realmente effiface, dovrebbe essere utilizzata da almeno il 60% della popolazione.
In Italia questo corrisponde ad almeno 36 milioni di utenti. Numero a dir poco utopico.

Partendo dal fatto che "download della app" non corrisponde necessariamente al reale utilizzo, pensiamo che al 30 giugno 2020 la app era stata scaricata solo da 4 milioni di utenti 2, seppur vero che era disponibile solo da un paio di settimane.
Al 23 luglio 2020, circa un mese dopo, si apprende che la diffusione tocca il 12%, e si ottengono i primi dati dal Ministero della Salute: 46 persone hanno ricevuto la notifica di positività, dal 13 luglio 23 utenti sono stati allertati dell'esposizione al coronavirus 3.

Una ulteriore battuta di arresto arriva poi in tutto al mese a seguire, quando il download si ferma al 13%, dato aggiornato ad oggi.
Da settembre la app viene "consigliata" a studenti e docenti 4: una riflessione dovrebbe portare ai primi dubbi sopra esposti.

Altri quesiti che si sono posti alcuni esperti riguardano i "falsi allarmismi".
Per riprendere lo spot del MinSalute e quindi porre l'esempio concreto, come fa la app a sapere che il contatto indicato come positivo indossava una mascherina, oppure che l'incontro tra le due o più persone era protetto da una barriera in plexiglass?
Una domanda che di certo ha sollevato molte perplessità. Anche perchè l'utente che riceve la segnalazione, per la privacy garantita, non può sapere dove e quando è avvenuto il contagio e quindi non può opporsi ad una eventuale quarantena imposta per la sicurezza.
A questo, tema molto attuale in questo periodo, dovremmo aggiungere anche gli asintomatici e il significato che ne deriva in termini di carica virale.

E mantenendoci sul tema delle falsità, nessuno ha mai pensato al fatto che una app potrebbe generare falsa sicurezza?
Per quanto si potrebbe aprire un dibattito su questo punto, non si può certamente dare torto a chi ha sollevato la questione: la app potrebbe portare un utente a un banale ragionamento: "posso uscire liberamente, tanto ci pensa Immuni ad avvisarmi".

Ma una app come Immuni, per quanto tecnologicamente potrebbe essere migliorata, non protegge dal contagio, notifica solo eventuali situazioni a rischio quando ormai è troppo tardi.

Ecco il video del nuovo spot dedicato:

 

 

Fonti:

  1. Globalist | 8 luglio 2020 | L'accusa di Ricciardi: "Pochi hanno scaricato la App Immuni ed è colpa del complottismo"
  2. la Repubblica | 30 giugno 2020 | Immuni, l'app per il tracciamento dei contagi ferma a 4 milioni di download
  3. RAI News | 23 luglio 2020 | App Immuni scaricata dal 12% dei possessori di smartphone
  4. Orizzonte Scuola | 25 agosto 2020 | Covid-19, App Immuni, scaricata solo dal 13% degli italiani, da settembre “consigliata” a studenti e docenti

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